Monopolio statale della violenza e dell’agonia

«Orso-che-corre trascorre oltre venti anni nel braccio della morte, dove si ammala gravemente: quasi cieco, ridotto su una sedia a rotelle e con il cuore ferito severamente da due infarti. La sua storia evidenzia un aspetto essenziale dell’agonia nella death row [braccio della morte]. Due mesi prima dell’esecuzione Ray Allen viene sottoposto, per decisione istituzionale, a un sofisticato intervento chirurgico al cuore. Lo Stato decide che deve essere tenuto in vita, per essere ucciso, sessanta giorni dopo, con una iniezione letale» (*).

La vicenda di Ray Allen/Orso-che-corre – Ya-nu-a-di-si, nella sua lingua nativa – è senza dubbio paradigmatica dell’intreccio tra sadismo istituzionale, monopolio statale della violenza e burocrazia che caratterizza la gestione dei corpi reclusi.
Ugualmente paradigmatica è la minaccia – e, purtroppo, la possibilità concreta – di sottoporre a nutrizione forzata Alfredo Cospito, recluso in regime di 41bis e da oltre tre mesi in sciopero della fame contro quello stesso regime di tortura.

Sottrarre e negare al recluso ogni possibilità di autodeterminazione è la dimostrazione più lampante e feroce di quanto il regime carcerario rappresenti esclusivamente la volontà di vendetta dello Stato: se vuoi vivere ti seppellisco vivo/a, se vuoi morire ti tengo in vita a forza (lasciandoti sepolto, ovviamente!), affinché tu non possa MAI fare del tuo corpo uno strumento di resistenza al monopolio statale della violenza.

Alcuni anni fa ho avuto occasione di visitare una mostra sulla storia dello sciopero della fame, allestita a Kilmainham Gaol, ex carcere dublinese dove furono rinchiusi e fucilati anche i principali esponenti dell’Insurrezione di Pasqua del 1916. Una sala della mostra era dedicata proprio alla nutrizione forzata, cui furono costrette tanto le suffragette incarcerate negli anni ’10-’20 quanto le militanti repubblicane Dolours e Marion Price nei primi anni ’70 del secolo scorso ed erano esposti anche gli strumenti (di tortura!) utilizzati per questa violenta pratica coercitiva, poi dichiarata non-etica dall’Associazione medica mondiale nel 1975.

A cinquant’anni di distanza da quella dichiarazione non solo le cose non sono cambiate ma, come due anni di pandelirio hanno ampiamente dimostrato, il monopolio statale della violenza va a braccetto con la sovradeterminazione, da parte istituzionale, delle scelte individuali di vita e di morte così come di quelle relative alla salute e alla cura.
La riduzione capitalistica degli esseri umani a merci, la definitiva reificazione-alienazione dell’individuo nelle mani dello Stato e del Kapitale passa anche – e prima di tutto – attraverso la negazione e la criminalizzazione di ogni forma di autodeterminazione.

Per questo le lotte contro il carcere e contro tutte le istituzioni totali e le loro propaggini nelle istituzioni ordinarie sono lotte femministe, oltre che libertarie e anticapitaliste, come già le nostre compagne ci hanno dimostrato un secolo fa.

(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Il silenzio del femminismo mainstream su carcere e istituzioni totali e la ricorrente richiesta di leggi contro la violenza maschile sulle donne, oltre a dimostrare un’ignoranza storica abissale sono i chiari segnali di una volontà collaborazionista con chi si arroga il monopolio della vita, della morte e dell’agonia altrui.

(*) Nicola Valentino, Le istituzioni dell’agonia. Ergastolo e pena di morte, Sensibili alle foglie 2017

«Non si invochi la libertà per sottrarsi alla guerra»

Il modo migliore per aiutarvi a prevenire una guerra
non è di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi,
ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi.

Virginia Woolf

Prima ghinea
Il titolo di questo post è un tipico esempio di quella che la psicoanalisi chiamerebbe condensazione.
La frase così com’è, infatti, non è attribuibile a nessuno di preciso. Ma in epoca di “seconda dose” di Mattarella, essa condensa in sé il suo accorato appello al «Dovere, morale e civico, della vaccinazione» con la logica guerrafondaia di quest’uomo – ministro della difesa ai tempi della guerra contro la Jugoslavia (la famosa “Operazione Allied Forces”, ampiamente sostenuta anche dal femminismo mainstream occidentale!).

«Non si invochi la libertà per sottrarsi dalla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui», dichiarava solennemente Mattarella nell’aprile 2021 evidentemente senza alcuna contraddizione col suo attivo e partecipato sostegno ad un’operazione bellica in cui venne bombardata anche la popolazione civile (5mila morti e 10mila feriti serbi, tra militari e civili, secondo i dati Nato riportati dalla rivista della Difesa italiana).

D’altra parte, da mesi ci ammorba un ipnotico ritornello che nulla ha da invidiare a quello che affermò all’epoca Jamie Shea, portavoce della Nato: «C’è sempre un costo per sconfiggere un male. Non è mai gratuito, purtroppo. Ma il costo del fallimento per sconfiggere un grande male è molto più alto».
E allora… VIVA LA GUERRA! Zang-tumb-zang-tuuum tuuumb!!!

Sarà per questo che, tra una dose di siero, l’altra e l’altra ancora, pochi/e si stanno accorgendo del delinearsi di un Afghanistan dentro l’Europa, in cui cui l’Italia ha un ruolo tutt’altro che secondario?
Nulla che debba sorprendere: basti ricordare che, nella primavera del 2020, mentre noi eravamo tenute/i coercitivamente blindate/i nelle nostre case e i militari pattugliavano il territorio italiano, i ‘figliuoli della patria’ erano impegnati proprio in Lettonia (ma tu guarda che coincidenza?!?!!!) con l’esercitazione Nato “Steele Quench”, sicuramente in nome di un intramontabile «Dovere, morale e civico, della guerra» (altra condensazione…).

Seconda ghinea
Alcuni giorni fa, in una lista di compagne nata all’inizio del pandelirio per darci supporto e scambiarci informazioni/riflessioni/spunti, scrivevo delle necessità ed urgenza di uno studio sulla psicologia di chi si è fatto/a vaccinare volontariamente – cioè non sotto coercizione.
Mi piacerebbe infatti capire come sia possibile che milioni di persone che hanno creduto alla menzogna dell’immunizzazione, che si son fatti 2-3 dosi e forse si farebbero anche la quarta malgrado abbiano preso il covid e siano anche, in alcuni casi, finiti in ospedale (ma in questo caso, si sa, si/ti raccontano che avrebbero avuto effetti peggiori senza il ‘vaccino’), continuino tenacemente a credere tanto nella narrazione dominante – e, spesso, anche a criminalizzare chi non si fa vaccinare – quanto alla “non correlazione” tra sieri e crescenti casi di disabilità/morte in ogni fascia di età, malgrado le evidenze…

Mi sconcerta anche il loro reset quotidiano compiuto – volontariamente? inconsciamente? – per non cogliere quel “tutto e il contrario di tutto” che alimenta le giornaliere farneticazioni di virologi&politici superstar e che ormai è degno solo di video-barzellette sui social (che vengono immancabilmente censurate anche se riportano testualmente le loro dichiarazioni).
La risposta l’ho, poi, trovata in un testo di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni sulla Cognizione del terrore; della prima autrice consiglio caldamente anche di leggere (e meditare su) Un’altra idea di salute.

La seconda ghinea, quindi, è per chi non intende lasciarsi lobotomizzare definitivamente e, anziché guardare il festival di Sanremo, preferirà dedicare le prossime serate a letture degne di esser chiamate tali.

Terza ghinea
Lo scorso ottobre avevo dato alcune indicazioni per autodeterminare la prevenzione.
Nel frattempo varie persone a me care si sono trovate costrette all’inoculazione coercitiva del siero per non morire di fame e poter continuare a lavorare – o, addirittura, per poter continuare a cercare lavoro!
Per chi si trovasse nella stessa situazione, ecco qui due protocolli utilizzati per cercare di disintossicarsi quanto più possibile dal siero. Il primo è stato stilato da un medico omoeopata, il secondo è frutto delle ricerche di una studiosa di rimedi naturali.

1 – GALIUM Heel: 5 gocce due volte al giorno per i 5 giorni precedenti la vaccinazione (non il giorno stesso della vaccinazione e il successivo, in cui invece verrà dato Sulphur), e poi per altri 5 giorni iniziando il giorno successivo alla seconda dose di Sulphur.
SULPHUR 30CH: 5 gocce o 3-4 granuli il giorno della vaccinazione, poco prima che venga effettuata e il mattino seguente.
THUJA 30CH: 5 gocce o 3-4 granuli una volta al giorno al mattino a giorni alternati, iniziando 48 ore dopo la seconda dose di Sulphur, per un totale di almeno 6 somministrazioni (nei giorni in cui coincide con la somministrazione di Galium questo verrà dato solo una volta saltando la somministrazione del mattino).
In caso di reazione febbrile è meglio evitare antipiretici.
È importante tenere nota di eventuali reazioni, fenomeni insoliti o alterazioni dello stato di salute successivi alla vaccinazione, anche a distanza di tempo e informarne il medico che vi consiglierà gli opportuni provvedimenti.

2 – Una al giorno di ognuno, dopo i pasti, continua anche prima e dopo seconda dose, lavorando in sinergia non serve seguire i dosaggi prescritti:
NAC 750 (se NAC 750 non si trova, prendi il 600 e poi dividi una capsula in 4 e fai tu il 750)
DESMODIUM
BROMELINA
Zinco e Selenio (servono anche per prevenzione)

Quarta ghinea
La quarta ghinea è la capacità di non perdere la creatività né la voglia di ridere, che fanno tanto bene alle difese immunitarie.

Vi lascio, allora, con una canzoncina e soprattutto con l’invito a moltiplicare le ghinee fino a crearne una tempesta sotto cui seppellire tutti i difensori ipocriti della vita.

Da quasi un secolo abbiamo chiaro, come femministe, che le famose “tre ghinee” non possono bastare, con buona pace di Virginia…

cov.it

Ho attraversato l’esperienza del covid.
A voler credere alla narrazione unica dominante, io dovrei essere in intensiva, se non già in una bara, in quanto paziente oncologica, non vaccinata ed esentata dal siero e pure ultracinquantenne.
E invece sono qui: più vispa che mai, con le energie decuplicate.

Il mio è stato, mi vien da dire, un fast-covid.
Un solo giorno di febbre a 38, che ho accolto come sana reazione del mio sistema immunitario all’attacco del virus.
Niente medicinali allopatici, ma solo rimedi naturali e vitamine – alcuni già li prendevo per prevenzione, altri me li ha indicati ad hoc il mio antroposofo storico.

E che non mi si dica anche questa volta che il mio è stato un miracolo, come mi son già sentita dire rispetto al cancro, perché stavolta mi arrabbio davvero!
Non si chiama miracolo, ma autodeterminazione.

Proviamo, allora, a ragionare sui dati di fatto: mangio bene e sano, non mi imbottisco di medicine allopatiche ma, soprattutto, non sono caduta nel trappolone della paura che cercano di incuterci da due anni in qua e che ha abbassato le difese immunitarie di molte persone.

Ho anche toccato con mano il fatto che nessuno, né il medico di base né la asl che ti manda mail di default dopo l’esito positivo del tampone, mostra alcun interesse rispetto alla nostra salute. Né medico né asl mi hanno mai chiamata per sapere come stessi, se e come mi stessi curando, ecc.
Va benissimo così per una come me che sa autogestirsi – anzi: meglio! – ma ho pensato tanto alle persone sole, magari senza strumenti culturali, magari anziane e/o fiduciose in una medicina che si è sviluppata studiando i corpi morti e non quelli viventi e che ha mandato sul rogo le streghe per liberarsi di pericolose concorrenti.

Ci tartassano di dati sui contagi e sui morti (di covid, ovviamente, le altre morti non contano nulla), rispolverano il dizionario patriarcale del peggior colonizzatore per dare del selvaggio – da civilizzare! – e credulone – da ricondurre alla ‘giusta’ e unica fede! – a chi assume vitamine e medicine naturali e rifiuta il loro ‘magico siero della felicità’ e nel frattempo continuano a far crepare di ‘vigile attesa’ o di abbandono totale.
Tanto poi la colpa la riversano sulla categoria lombrosiana dei no-vax, creata per rinforzare la loro narrazione, dissimulare le loro gravi responsabilità e propinare ad oltranza inutili (ormai lo ammettono anche loro: la nave sta affondando!) sieri transgenici.
Esibiscono come trofei i morti non vaccinati e i ‘no vax’ pentiti, mentre occultano i dati sui morti di vaccino o di malasanità.

Se, quindi, prima di prendere il covid ero profondamente scettica e diffidente rispetto alla narrazione unica di politici e virologi superstar, oggi mi sento di dire apertamente che quella narrazione è davvero frutto di una logica criminale!

Ma siccome non intendo farmi avvelenare da questa gentaglia e dal loro infame sistema di premi e punizioni, voglio riportare altri aspetti positivi della mia esperienza.
Prima di tutto l’importanza del continuo contatto con compagne/i per scambiarci consigli sui protocolli naturali che ciascuna/o aveva adottato e su come riuscire a non spendere troppo per procurarsi quei medicamenti, scambiarci anche consigli sull’alimentazione e al contempo stare vicino a chi si si stava facendo il covid in solitudine e tenerlo/a monitorato/a. Una capacità di autogestione collettiva e di solidarietà – quella vera, non quella che ora dall’alto millantano per cancellare ogni possibilità di scelta individuale – che mi ha scaldato il cuore. Sembrava di esser tornata negli anni ’70!

Insomma, devo dirlo fuori dai denti: per me il covid è stata una bella esperienza!
La febbre mi ha anche aiutata ad espellere le tossine accumulate con la rabbia di questi due anni di pandelirio – non per caso alla febbre è seguito un orzaiolo che se n’è andato dopo tre giorni, liberandomi anche da tutte le schifezze che i miei occhi hanno dovuto vedere e leggere per mesi…

Sia chiaro: se per me è stata una passeggiata, sono anche consapevole che c’è chi sta male, a volte anche tanto male. Ma occorre chiedersi perché questo succeda, se ne vogliamo davvero uscire.

Per questo, lo ripeto, non mi si dica di nuovo che il mio è un miracolo.
Ho dovuto lottare duramente perché mi fosse riconosciuta l’esenzione dal vaccino da parte di medici sconosciuti che, negli hub vaccinali, pretendevano di farmi l’anamnesi per stabilire se io potessi o meno esser vaccinata, malgrado presentassi un esplicito certificato da parte di chi da anni mi accompagna nel percorso di guarigione.
Ho dovuto lottare perché nessuno provasse anche solo lontanamente a toccare il mio sistema immunitario.
Ho dovuto lottare per difendere la mia salute dagli interessi economici del capitale.
Ho dovuto lottare perché uno stato implicato fino al midollo – con tanti altri – nella ricerca bellica sulle armi biologiche, non mi facesse cavia fra le sue cavie.
Ho dovuto lottare e mi sono avvelenata di rabbia, ma non sono retrocessa di un passo.

“Ah, ma che dire dei soggetti fragili? Li dobbiamo lasciar morire?”, chiederà qualche anima bella…
Proprio ieri raccontavo per email la mia esperienza di covid ad alcuni medici antroposofici e stamattina uno di loro mi ha risposto segnalandomi un articolo (in fase, credo, di peer reviewing; qui l’abstract) sull’esperienza col covid di un gruppo di pazienti oncologici che seguono la mia stessa terapia col vischio.

È lampante che non si tratti di miracolo!
L’unico miracolo sarebbe se finalmente queste terapie non convenzionali diventassero alla portata di tutti, venendo riconosciute da un sistema sanitario più attento agli interessi delle multinazionali farmaceutiche che non a quelli dei/delle pazienti – per altro i costi di tale terapie son pure molto più contenuti di quelle allopatiche.
Ma qui abbiamo avuto la signora Lorenzin e ora abbiamo il signor Speranza: c’è poco da sperare!

Non resta che continuare a lottare e ad autodeterminarci se vogliamo davvero vivere e non limitarci a sopravvivere per miracolo… Soprattutto con la consapevolezza che la prossima emergenza – già pronta e confezionata – sarà l’emergenza ambientale, che il capitale ha generato depredando e devastando per secoli il pianeta ma che farà pagare a chi questo pianeta lo abita con rispetto ed empatia.

Autodeterminiamo l’informazione e la prevenzione

Prevenire è meglio che curare, dice un vecchio proverbio quanto mai attuale…

Un buon sistema immunitario è la prima garanzia per il mantenimento della propria salute, soprattutto se capiamo a fondo che il nostro sistema immunitario siamo, in primis, noi stesse e non qualcosa che è altro da noi. Cerchiamo allora di partire dal covid per andare oltre e ritrovare noi stesse e le nostre difese immunitarie.

Non sono medico né operatrice sanitaria e non intendo improvvisarmi ‘esperta’ di alcunché: mi è sufficiente esserlo di me stessa!

Le informazioni che trovate in questo post provengono da saperi, pratiche ed esperienze consolidati (talvolta millenari!) ma censurati, quando non apertamente derisi, dalla narrazione dominante al solo scopo di ingrassare i portafogli delle big pharma e dei loro fedeli servitori.

Di seguito troverete Guarire dalla paura: il racconto di «un’infermiera, che vive in una valle piemontese, e che nell’ultimo anno e mezzo si è spesa senza sosta – insieme a diversi colleghi e colleghe – nel cercare di dare una mano a chi, ammalatosi di covid, si è trovato abbandonato dal servizio sanitario nazionale», e che ha salvato molte persone applicando il protocollo di cura di IppocrateOrg.

Troverete anche il punto di vista di alcune cosiddette medicine non convenzionali.
Chi pensa che si tratti di ciarlatani/e, smetta immediatamente di leggere e vada pure da Burioni & C. E buona fortuna!

Nel sito di Nunatak trovate estratti dal numero 61 che riguardano l’intervista Guarire dalla paura (registrata e trascritta), nonché il “protocollo di prevenzione e cura” stilato da una naturopata e pubblicato sullo stesso numero della rivista.

Consiglio anche la lettura del «Manifesto per la salute, la prevenzione proattiva e una medicina della persona in tempi di Covid-19», stilato dalle principali associazioni di Medicina complementare.

Dalla medicina antroposofica, una riflessione della dott. Maria Luisa Di Summa e un video del dott. Zavattaro.

La metodologia clinica omoeopatica nel covid-19.

L’approccio della medicina ayurvedica, ampiamente utilizzata in India – ma non solo – anche nella prevenzione e cura del covid.

L’approccio della fitoterapia in un articolo del dott. Firenzuoli (del Centro di fitoterapia di un ospedale pubblico, da non credere che non l’abbiano ancora massacrato mediaticamente!!!!) e le indicazioni fitoterapiche per rafforzare il sistema immunitario.

Inutile dire che ciascuna deve scegliere la strada che più le corrisponde, che è inutile inventarsi mescoloni tra i vari approcci – comportamento che è chiaro sintomo di paura – e, soprattutto, che il punto di partenza è la consapevolezza di sé, senza la quale non si va da nessuna parte e si rischia solo di nuocere a noi stesse.

Non dimentichiamoci mai che…

Il testo – che nulla ha a che vedere col covid, ma molto col patriarcato – si può scaricare da qui

NON PASS – Streghizzazione

China di Salvatore Carbone per La traversata delle streghe

Da oltre cinque secoli la streghizzazione è un efficace strumento di governamentalità.

Luciano Parinetto, di cui il prossimo dicembre ricorrerà il ventennale della morte, è stato uno dei più importanti studiosi della caccia alle streghe a livello internazionale.
Il suo campo di ricerca non ha riguardato soltanto la caccia alle streghe intesa come «ouverture del mondo moderno» (1). Scriveva, infatti: «La caccia alla stregoneria del diverso è ancor oggi imperante (anche perché è più che mai imperante la stregoneria del capitale, la più organizzata delle prassi e delle ideologie!); anzi, forse più proterva e pericolosa che nel passato. È per questo che interessa la stregoneria: oggi e qui!» (2).

Sull’attualità delle streghe parinettiane ho scritto un saggio una decina di anni fa, ma torno a scrivere oggi perché stiamo assistendo ad una nuova streghizzazione: quella nei confronti di chi non intende delegare le scelte sulla propria salute a quello stesso Stato che ci costringere a vivere tra devastazioni capitaliste, nocività e produzioni di morte.

I toni di certe affermazioni recenti, anche da parte di alcuni operatori sanitari, nulla hanno da invidiare ai toni del Malleus Maleficarum, inclusa la torturauna infermiera di un ospedale toscano ha infatti minacciato: Tra poco ce li troveremo in reparto e qualche sassolino dalla scarpa me lo devo togliere. Sai bucare una decina di volte la solita vena facendo finta di non prenderla? Ecco… E poi mi verrà in mente altro.

E che dire di questa cardiologa?

O di questo altro personaggio?

Non sono che alcuni esempi presi dalla fogna di insulti quotidiani, alimentati dal mainstream, che si moltiplicano sui social.

Questo è l’effetto della streghizzazione avvenuta attraverso l’invenzione di una ‘serie’ – quella dei/delle ‘no vax’ – intesa in senso sartriano; una categoria che funziona esattamente come funzionavano i cliché dell’inquisizione, cruentemente efficaci nel perseguire una «strategia della normalità (in tutti i sensi, da quello economico e politico a quello religioso e non escluso quello sessuale) contro il diverso destabilizzante e inaccalappiabile in qualsiasi serie» (1).

L’inesistente quanto ridicola categoria ‘no vax’ risponde a questo stesso bisogno riduzionista del potere verso la complessità sociale, per meglio controllarla.

Come scriveva Parinetto, «Quello della stregoneria è un compositum di complessità e ricchezza di motivi pressoché inesauribile, che, riguardando, tra le altre cose, il corpo, il desiderio e le varie forme in cui, nelle diverse culture, sono stati repressi/rimossi, resta al centro anche della domanda di oggi sull’uomo, la sua felicità, il suo destino» (1).

Una domanda che, in sostanza, riguarda l’autodeterminazione di tutti gli esseri umani.

Riferimenti bibliografici:
(1) L. Parinetto, Solilunio, Pellicani 1991
(2) L. Parinetto, La traversata delle streghe nei nomi e nei luoghi, Colibrì 1997

China di Salvatore Carbone per Solilunio

Autodeterminazione!

Il mainstream non ha potuto censurare, come invece sta facendo da tempo con le voci di autorevoli non embedded, la dichiarazione del guru degli esperti embedded, Fauci:
«La variante Delta del coronavirus può contagiare anche le persone che sono state vaccinate e queste possono a loro volta trasmettere il virus ad altri. […] I dati sulla mutazione che abbiamo a disposizione oggi mostrano che il livello di infezione nelle mucose in una persona vaccinata è lo stesso di quello in una persona non vaccinata».

L’unica differenza, secondo il guru, sarebbe che in chi è vaccinato il rischio che la malattia si manifesti in forma grave è più basso: «È estremamente raro che una persona vaccinata, se pur contagiata, finisca in ospedale».

Quindi la si faccia finita una volta per tutte con le fake news sull’immunità data dal vaccino (quello che è accaduto a Bolzano parla da sé) e la televisione smetta di pubblicare i dati sui vaccinati presentandoli come dati sugli “immunizzati”.
Ma soprattutto la si smetta di colpevolizzare chi, per le più svariate ragioni, non si è vaccinato/a.

Che ciascuno/a si informi e scelga liberamente se vaccinarsi o meno, se accollarsi gli eventuali effetti dei vaccini o gli eventuali, ma non scontati, effetti di un’influenza che potrebbe anche non prendere.

L’autodeterminazione, su cui si fondano le scelte consapevoli, non può che rafforzare i nostri sistemi immunitari.

L’importanza di storia e memoria…

… ovvero partire da noi e ricominciare dal farci le domande giuste

Abbiamo alle nostre spalle secoli di elaborazioni culturali e rivendicazioni politiche, con donne e gruppi di donne femministe rivoluzionarie che hanno dato la vita con lo sguardo sempre rivolto alla liberazione di genere e di classe.

Negli anni ’70 del secolo scorso c’era un’infinità di piccoli gruppi; ognuno con la sua connotazione portava avanti elaborazioni e lotte e nessuno metteva il cappello sulla lotta dell’altro gruppo. Poi ci si riuniva in grandi assemblee con una base comune – il separatismo, il riconoscimento del patriarcato come soggetto dell’oppressione delle donne. In piazza nessuna poteva pensare di egemonizzare le altre.

Intorno al ’75, quando è stata varata la legge sui consultori, la parte riformista-emancipazionista ha cominciato a spingere per l’ingresso delle donne nelle istituzioni, rompendo il fronte femminista, aprendo allo stato uno spazio d’azione per riportare le lotte femministe nei ranghi e demonizzando quelle che avevano fatto una scelta diversa definendole violente/utopistiche. E così le caratteristiche che erano state imposte alle donne – l’essere accoglienti, disponibili e pronte a sacrificarsi – vennero rappresentate come le caratteristiche che avrebbero cambiato la società.

Ancora oggi, di fronte alle devastazioni patriarcali e neoliberiste ci sentiamo dire che dobbiamo salvare i figli, la scuola, lo stato sociale, il mondo.

L’emergenza sanitaria ha ampiamente dimostrato che il debito di gratitudine legittima il monopolio statale dell’esistenza delle persone, delle loro scelte e desideri; è espropriazione totale data dal fatto che non si sappia più riconoscere né nominare l’oppressore.

È ora di fare chiarezza e trovare il coraggio di nominare lo sfruttamento e le complicità con questo sistema. […] Per continuare a leggere scarica l’intero testo in pdf.

E adesso parliamo di cancro, ma senza paura…

Con grande piacere segnalo una conferenza divulgativa di Corrado Bertotto sulle terapie antroposofiche per il cancro: Il Vischio e il Calore nella terapia oncologica (30.05.2020).
Bertotto è il medico che da quasi quattro anni mi sta accompagnando, con profondo rispetto della mia autodeterminazione, nel mio percorso di guarigione.

Nel corso di questi anni molte persone mi hanno contattata – per sé o per amiche e amici – per avere informazioni su questo mio percorso terapeutico col Viscum Album.

Per proteggere il mio spazio vitale ho cominciato, nel tempo, a sottrarmi a queste richieste perché mi rendevo conto sia dell’immane carico di sofferenza che mi veniva buttato addosso in una fase per me delicata, sia del carico di aspettative che c’era nei miei confronti, per quanto abbia sempre spiegato con chiarezza che ogni esperienza di malattia e di guarigione è individuale e fa parte della storia di ciascuna e ciascuno. Di conseguenza, sta a ciascuna/o scegliere la propria strada, con consapevolezza.

Io sono femminista, non una ‘miracolata’ che fa, a sua volta, i miracoli: lascio volentieri queste credenze a chi ha bisogno di una religione per andare avanti…

Non ha senso relazionarsi alle medicine ‘non convenzionali’ mettendo in atto lo stesso meccanismo di delega cui si è abituate/i con la medicina dominante (non chiamiamola ‘tradizionale’, per favore, perché è falso e fuorviante: ben altre sono le medicine tradizionali!!!).
Né, tanto meno, ci si dovrebbe rivolgere a questi percorsi terapeutici come ‘ultima spiaggia’ o come terapie miracolose, dopo aver verificato sulla propria pelle il fallimento delle terapie oncologiche allopatiche.

Ora, finalmente, con questa conferenza chi fosse interessata/o può sentire direttamente da Corrado Bertotto in cosa consistano queste terapie, quali ne siano i presupposti, quali gli studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia e come possano eventualmente combinarsi anche con i protocolli terapeutici ‘ufficiali’ per migliorare la qualità della vita delle/dei pazienti.

Certo, queste terapie non sono gratuite, ma questo è un problema legato alle scelte politiche dei nostri governi e del SSN. Scelte che durante il ministero Lorenzin sono diventate ancora più scellerate, dato che sono stati utilizzati dei pretesti burocratici per tagliare le gambe alle medicine ‘non convenzionali’ e imporre come unico percorso possibile quello della medicina dominante. Se le chemioterapie si dovessero pagare direttamente, costerebbero molto di più delle terapie con vischio o altre non convenzionali!

La terapia con infusioni di vischio, che mi supporta nel percorso di autoguarigione con ottimi risultati, in Italia è vietata e quindi sono costretta ad andare periodicamente in Svizzera. In Italia è possibile soltanto l’assunzione del vischio sottocute ma, sempre grazie alla signora Lorenzin, non è facile trovarlo e occorre farselo spedire dalle farmacie d’Oltralpe.
Questo dice molto sugli interessi che stanno dietro ai protocolli terapeutici, interessi che molto spesso prevalgono su quello che dovrebbe essere l’unico obiettivo: la salute delle persone.
Non dimentichiamoci mai che il capitale non sfrutta solo le persone sane per trarne i suoi profitti, ma anche quella ammalate e perfino i morti!

La lotta per difendere la nostra autodeterminazione deve comprendere anche l’autodeterminazione delle scelte terapeutiche. Lamentarsi, come sempre, non serve a nulla…

Segnalo anche altro materiale utile e affidabile (tratto da Arte medica) per avere un quadro complessivo, così chiunque può informarsi direttamente e cercare la propria strada in autonomia senza doversi rivolgere a me: un articolo sulla stretta relazione tra cancro e paura, significativo anche in relazione alla ‘strategia del terrore’ che ha caratterizzato i discorsi dominanti sul covid in questi mesi; un’intervista al dott. Soresi sui processi di risanamento; alcune indicazioni alimentari del ‘mitico’ Berrino e, in ultimo, un estratto da Ritorno alla salute di Carl Simonton e Stephanie Matthews-Simonton, molto utile per la rete amicale/familiare e, più in generale, per le/i caregivers.

Per chi volesse approfondire ulteriormente le terapie con vischio e le relative ricerche, consiglio di mettere in un motore di ricerca ‘Mistletoe therapy’o ‘Mistletoe treatment’ (se legge l’inglese) o ‘Misteltherapie’ (se legge il tedesco).

Nel sito della SIMA si trovano tutti i contatti con i/le dott di formazione antroposofica in Italia.

Un’ultima cosa: per favore, mi si risparmino le immancabili polemiche su Rudolf Steiner. Cerchiamo, piuttosto, di portare alla luce la bellissima figura di Ita Wegman, che un secolo fa fece fabbricare la prima preparazione oncologica antroposofica a base di vischio di melo per curare le donne e molto si spese anche per salvare vite umane dal nazismo

Adesso basta!

Il tempo della reclusione “volontaria” avanza e si dilata a dismisura.

Quella che era stata spacciata per prevenzione si rivela essere, sempre più chiaramente, una tecnica di addomesticamento.
La prima, infatti, mette immediatamente in campo tutte le misure realmente efficaci, quindi necessarie, per anticipare ed evitare il diffondersi delle patologie; l’addomesticamento, invece, presuppone la gradualità dell’addestramento, fino ad ottenere la totale obbedienza e sottomissione.

Ci hanno infantilizzate/i in base ad un concetto distorto che vede i bambini non come esseri dotati di propria autonomia ma come figli su cui esercitare la propria autorità e ci hanno ammorbate/i con continui consigli su come trascorrere il nostro tempo blindato – cosa leggere, come scopare, cosa cucinare, come vestirsi, quanto dormire, cosa cantare e a che ora, come e quando lavarsi le mani, …
Hanno dispiegato apparati di controllo e repressione costosissimi – polizie, eserciti, droni, elicotteri, guardie costiere, telecamere, e varie altre amenità – contro chi “si permette” di fare un po’ di movimento all’aperto, di portare il proprio figlio a prendere un po’ d’aria, di salutare un’amica, di comprarsi una matita, di fermarsi per strada ad annusare un fiore, di guardare un tramonto, di commemorare le partigiane e i partigiani (ormai diventato un reato di “resistenza”) e perfino di sudare!
Hanno sollecitato la pratica infame della delazione ripescandola dal ventennio fascista e ora arrivano, con una rinnovata polizia dell’anima, a cercare di violare definitivamente la nostra intimità invadendo la nostra sfera relazionale e stabilendo chi potremo vedere e chi no nella pagliacciata che chiamano “fase 2″ – e che in realtà dovremmo chiamare “fase che 2 ovaie!” (grazie, Giò, per questo geniale detournement!).

Ed ecco riemergere il clerico-fascismo “mai morto” (proprio come suona il motto della X Mas!) che (im)pone al centro delle nostre vite ‘a famigghia: ci dicono che potremo vedere i parenti – se pure con misura e senza riunioni familiari. Ma guai se ci si incontra con chi pare a noi!

Adesso basta!

Nessuno riuscirà mai a disciplinarmi né ad immiserirmi in questa logica familista, di cui si nutre anche lo ius sanguinis!

Io voglio vedere le mie amiche, le mie compagne di vita, e le vedrò (una l’ho già riabbracciata, tiè!).

I miei genitori sono morti da decenni, grazie a questa “civiltà” cancerogena, e dei legami di parentela rimasti ne faccio volentieri a meno.

C’è, per me, una differenza fondamentale tra la parentela – che è casuale – e le relazioni che, invece, mi sono scelta e mi hanno nutrita negli anni, come c’è un abisso tra la vera sorella e la sorella vera.

Quando, nel 2016, ho attraversato l’esperienza del cancro e mi avevano pronosticato pochi mesi di vita, accanto a me ho voluto le mie compagne di vita e le mie relazioni autentiche. Non i parenti.
La forza di queste relazioni è stato uno degli elementi della mia guarigione – “guarigione miracolosa”, a detta dei medici.

A differenza dei preti, non credo nei miracoli ma nella forza dell’autodeterminazione, di quel grande dono che il movimento delle donne mi ha fatto quando ero adolescente!

Quella stessa autodeterminazione, che di fronte ad una prognosi infausta ha guidato le mie scelte terapeutiche, alimentari, lavorative, esistenziali e relazionali, oggi è più forte che mai.

Non mi sono fatta sovradeterminare dalla paura del cancro, non vedo perché dovrei farmi sovradeterminare da quella del covid, che cercano in tutti i modi di instillarci.

In Italia il cancro è la seconda causa di morte. Non lo dico io, ma le statistiche.
Quali governanti si sono mai preoccupati di rendere questa società meno cancerogena?
Nessuno. Perché la scelta è sempre tra il profitto e la vita altrui dal punto di vista del capitale, e tra il pane e la propria vita – intesa come qualità della vita e non come mera sopravvivenza – dal punto di vista del lavoro.

Nel 1976 abitavo accanto a Seveso e, come me, decine di migliaia di persone. Andassero a vedere l’incidenza del cancro in chi abitava o ancora abita quelle zone, lor signori che oggi pretendono “in nome dalla scienza” di decidere al posto nostro cosa sia “salutare” e cosa no.
E a cosa è servita la “direttiva Seveso”? La riposta è a Taranto, nella “terra dei fuochi”, a Carrara e in numerose altre zone di questo paese, così come in questo intero pianeta spolpato dai predatori – come direbbe Toni Morrison – e da quegli stessi predatori avvelenato.

La mia laica pietas non può essere solo nei confronti dei morti per covid-19, per altro causati in gran parte dall’inettitudine, dagli intrallazzi e dalle politiche dei vari governi locali e nazionali – si veda il caso dello sterminio di anziani nelle Rsa.

La mia laica pietas ha urlato davanti all’impossibilità di abbracciare per l’ultima volta un caro amico in fin di vita – non per covid, perché si continua a morire anche per altre ragioni sia chiaro!
Mai come davanti alla sua morte ho sentito il peso di questa reclusione forzata che diventa lontananza straziante dagli affetti e dalla condivisione anche del dolore e del lutto, che sono la cifra dell’umano.

Allora si fottano lor signori col loro linguaggio bellico di fronte alle malattie.
Per me nemmeno il cancro è stato un nemico da combattere, ma un modo in cui il mio corpo chiedeva di essere ascoltato e, al contempo, indicava i veri nemici nei predatori e negli avvelenatori della terra.

E si fottano ancor più, lor signori, con le loro direttive e con l’insopportabile ed ipocrita arroganza di stabilire per me quale sia “il mio bene”.

Il mio bene è autogestire la mia salute. Il mio bene è tornare ad abbracciare le mie amiche, a condividere con le mie compagne di vita. Il mio bene è annusare il profumo della primavera e contemplare le montagne. Il mio bene è continuare a lottare contro l’ingiustizia sociale. Il mio bene è nella mia etica e nelle mie relazioni.

Sono femminista. Mettetevelo bene in testa: la vita è mia e me la gestisco io!

Per immunizzarci dal gregge…

Alcuni giorni fa in una m-list di donne, qualcuna ha mandato una poesia invitando a leggerla in quanto parlerebbe delle “conseguenze anche positive” del momento attuale.

Trovo pericolosissimo che si parli di “conseguenze positive” perché significa che non si sa più distinguere tra l’autodeterminazione del nostro spazio/tempo e l’imposizione di misure reclusorie emergenziali.

E lo dico consapevole del mio privilegio di donna che da oltre un decennio ha deciso di lasciare la città per andarsene a stare in mezzo alla natura, a costo di ripartire da zero pur di vivere la vita che voleva.
Quindi oggi non devo starmene reclusa tra le 4 mura di un monolocale milanese ma posso stare all’aperto a piantare ortaggi e fiori e a godermi il profumo della primavera incipiente, avendo per dirimpettaia la montagna e non qualche infoiato che canta a squarciagola l’inno nazionale per dire che, in fondo, ‘va tutto ben, madama la marchesa’ .

Sono ben felice di avere, finalmente, il tempo di dedicarmi all’orto, visto che un sovraccarico di impegni me lo impediva dalla scorsa primavera. E caso vuole che sia pure tempo di piantagione secondo il calendario biodinamico, che seguo da anni.
Quindi tutto dovrebbe quadrare. O no?

No. Proprio no. Non sono così stolida né ingenua da pensare che questo “mio” tempo ritrovato sia veramente mio.
Sono consapevole che tutti i tromboni e le trombone che ora invitano gli italioti a riscoprire il calore del focolare domestico, i giochi dell’infanzia e un’infinità di altre cazzate da venditori di pentole bucate, non appena il governo dichiarerà terminata questa ennesima ‘emergenza’ ci inviteranno a tornare a lavorare con gioia e possibilmente a lavorare il doppio per recuperare il tempo perso, a rinunciare alle ferie perché, di fondo, ce le stiamo facendo ora (alla faccia delle ferie!!!) e quindi saremo belle riposate e pronte da spremere in nome del profitto.

Chi oggi ne approfitta per fare quelle mille cose rinviate sine die perché non c’è mai tempo da dedicare a noi stesse e al luogo in cui viviamo, tornerà a lamentarsi di non aver tempo o, invece, se lo prenderà?
E se decidesse di riprendersi il proprio tempo, cosa succederebbe?
Sono forse anche questi i “disordini” paventati da chi si sta organizzando in anticipo per reprimerli?

Chi non sta buttando queste giornate nel rincoglionimento catodico o dei social ma setaccia il web in cerca di stimoli di riflessione che vadano al di là dell’oppio del mainstream, chi si confronta – virtualmente, of course! – con la propria rete di relazioni amicali e politiche su quanto tutta la merda che il capitale ci ha propinato in particolare nell’ultimo secolo siano alla radice non solo del ‘salto di specie’ di questo coronavirus ma dell’indebolimento dei nostri sistemi immunitari… chi, insomma, oggi non si lascia infantilizzare né abbindolare dalle narrazioni dominanti, ma riflette e scambia informazioni e idee sarà considerata/o, domani, un pericolo da combattere?

E chi oggi ordina di essere solidali e cantare tutti in coro ai balconi ordinerà, domani, di tornare a scagliarci l’uno contro l’altro nella competizione.
L’imbolsito nutellomane non è altro che un miserrimo paradigma del tempo attuale nel suo abbaiare tutto e il contrario di tutto a seconda di come si sveglia e di come si farcisce a colazione.
Miserrimo paradigma di chi ci trita le ovaie con i crocieristi che non possono sbarcare e con i ricchi con seconda casa alle Canarie che non riescono a tornare in Italia o con altre news da rotocalco di quart’ordine, è però pronto ad armarsi per difendere i patri confini da barconi carichi dei subalterni della storia che chiedono conto all’Europa di secoli di dominio coloniale e neocoloniale.

Perché, diciamocelo chiaramente, in quello che si sta vedendo (se lo si vuol vedere) ci sono delle chiare connotazioni di classe.
Quelle connotazioni che in tanti non erano più in grado di cogliere, obnubilati dalle narrazioni della postmodernità o delle scalate sociali.

In Liguria come in Versilia migliaia di ‘bauscia’ lumbard in questi giorni scorrazzano allegramente sul lungomare dopo aver riaperto le loro seconde case.
Sono gli stessi che d’estate applaudono alle ordinanze razziste che negano agli immigrati perfino un po’ di ombra, si sentono protetti da squadracce di neonazi che pattugliano le spiagge contro i venditori stranieri e altre simili schifezze.
Sono gli stessi che oggi vogliono che gli operai e i portuali se ne vadano a lavorare – e, possibilmente, poi schiattino.
Sono gli stessi che, di fronte alle carceri in rivolta, si augurano che i detenuti brucino vivi così come di fronte ad un barcone pieno di dannati della terra si augurano che affondi o si augurano che un meteorite o un esercito spazzino via, una volta per tutte, gli abietti.
Sono gli stessi che, intrisi di retorica civilizzatrice, non vogliono sentir parlare di crimini coloniali – cioè di eccidi, stupri, schiavitù e diffusione di malattie mortali – ma si sentono offesi nel proprio ‘orgoglio nazionale’ se un paese straniero chiude le frontiere agli ‘untori’ italiani o li mette in quarantena.

Tornando al punto da cui ero partita, sarebbe meglio se, anziché cercare di consolarsi con le “conseguenze positive” di questa fase, si utilizzassero questi giorni per riflettere, confrontarsi e, soprattutto, prepararsi al ‘dopo’. Perché questo esperimento sociale – se pure per niente inedito nella modernità – è un punto di non ritorno e non lascerà semplicemente degli strascichi.
Ci aspettano tempi assai cupi, meglio arrivarci preparate!

Segnalo alcune letture che possono fornire degli spunti:

Ce ne sono molte altre, ma lascio a voi il gusto di cercarle. Sta per fare buio e devo ancora seminare il convolvolo….