1. due parole su di me

Scrivere saggi è certamente un atto individuale, ma le riflessioni sono sempre frutto di confronto collettivo. Non sono un’accademica, ma un’intellettuale militante, quindi mi è difficile tracciare delle note biografiche che non tengano conto degli incontri e delle letture che hanno segnato la mia formazione: dall’eredità della Resistenza antifascista che mi hanno trasmesso le donne e gli uomini che vi parteciparono, alle ‘perle rare’ con cui ho condiviso tratti del mio percorso.

Per questo anziché dilungarmi sulle mie note biografiche preferisco richiamare i momenti più importanti per la mia formazione intellettuale e politica. A partire da quando, adolescente, abitando accanto a Seveso e avendo vissuto da vicino la tragedia dell’Icmesa, ho cominciato a fare politica con chi cercava di far emergere la verità su quel ‘crimine di pace’ avvenuto nel luglio del ’76.

Alla fine degli anni ’70 ebbi anche il mio primo e fondamentale incontro col movimento delle donne, quindi con le pratiche di autodeterminazione e di liberazione. Da quel momento ho cominciato a fare politica soprattutto in gruppi e collettivi di donne.
Qualche anno più tardi, nell’83, mi trasferivo a Milano per studiare. All’università ho conosciuto Luciano Parinetto che, con Georges Lapassade, è stato uno dei miei più importanti ‘cattivi maestri’. Il confronto col loro pensiero, così come il rapporto di amicizia e collaborazione, è stato un vero nutrimento.

“E il lavoro?”, mi si chiederà…
Appartengo alla generazione che per prima ha cominciato a sperimentare la precarietà: dopo svariati lavori mentre studiavo all’università, per anni ho fatto ‘marchette’ intellettuali nelle accademie e attualmente sono una precaria della scuola. D’altronde il lavoro è un contesto prostituzionale, o no?