Rompere il monopolio della memoria nell’Occidente guerrafondaio

Non intendo dilungarmi sulla miseria di chi da decenni vorrebbe ingabbiarci in una memoria acritica e a senso unico.

Storia e memoria vanno di pari passo, soprattutto quando la storia non è quella scritta dai vincitori e quando è fatta anche da cronache quotidiane di massacri trasmessi in tempo reale.

Vorrei fornire solo alcuni dati attuali, che parlano da sé.
Ma, prima di tutto, una domanda, per dare corpo a quei dati: il “mai più” che si va ripetendo per legge e fino alla nausea da anni, significa “mai più per nessuno” o “mai più solo per alcuni”?

Primo dato: le comunità ebraiche in Italia chiedono che domani, 27 gennaio, siano vietati i cortei per la Palestina, caso mai qualcuno si azzardasse a strappare loro il monopolio del genocidio e della relativa memoria. Eppure la modernità si apre con un immane genocidio: quello dei popoli nativi delle Americhe, di cui ne sono state sterminate decine di milioni in pochi decenni. Un genocidio coloniale, al quale ne sarebbero seguiti altri e poi altri ancora, fino a quello attuale in Palestina. Di quanti di questi genocidi abbiamo sentito parlare? Quanti ne vengono ricordati nelle scuole? (domanda, ovviamente, retorica…)

Secondo dato: nel novembre 2005, l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato per consenso la Risoluzione 60/7 condannando “senza riserve” tutte le manifestazioni (su base etnica o religiosa) di intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità e, contestualmente, ha chiesto al Segretario Generale di istituire un programma di sensibilizzazione sull’Olocausto, nonché misure volte a mobilitare la società civile per ricordare l’Olocausto e prevenire futuri atti di genocidio. La genesi della “giornata della memoria” a livello internazionale (e istituzionale) tiene dunque conto della prevenzione: guarda al futuro e non solo al passato.

Terzo dato: che piaccia o meno ai sionisti e ai loro complici, oggi il tribunale internazionale dell’Aja ha confermato che esistono “prove sufficienti” per valutare l’accusa di genocidio nei confronti di Tel Aviv. Il ricorso, presentato dal Sudafrica a fine dicembre, accusava infatti Israele di violare la Convenzione sul Genocidio nella Striscia di Gaza.

Quarto dato: malgrado si stia assistendo ad un genocidio in tempo reale, proprio i paesi che nei secoli scorsi sono stati responsabili di massacri e genocidi coloniali oggi più che mai perseguitano chi osa schierarsi contro il genocidio del popolo palestinese. Il caso dell’educatore algerino di Roma perquisito senza nemmeno un mandato e sospeso dal lavoro è esemplare, soprattutto se pensiamo che l’Italia è stato il primo paese che ha imposto per legge un regime di apartheid nelle proprie colonie, un decennio prima che venisse imposto dalla minoranza bianca in Sudafrica.

Sarà un caso che non ci sia una giornata della memoria che ricordi i crimini compiuti nelle colonie italiane del Corno d’Africa? E che proprio quelle colonie, come ho ampiamente documentato in Difendere la “razza”, siano state il laboratorio delle leggi razziali che sarebbero state emanate in Italia successivamente, nel ’38?

Se davvero di memoria vogliamo parlare, parliamo anche dell’uso politico che della memoria – così come della storia – viene fatto.
Se davvero di memoria vogliamo parlare, chiediamoci perché le comunità ebraiche si preoccupino più dei cortei di solidarietà con la Palestina che della riorganizzazione dei gruppi e dei partiti neonazisti in tutto l’Occidente (talvolta perfino trattati come eroi, come nel caso degli Azov); chiediamoci perché da un anno una militante antifascista italiana si trovi rinchiusa nelle fetide galere ungheresi e nessuno ne abbia parlato per mesi e mesi.

Se davvero di memoria vogliamo parlare rompiamone, prima di tutto, il monopolio!

Finalmente libera?

Non appena questa mattina ho letto, sul canale Palestina Hoy, la notizia – attesa da giorni – della scarcerazione di Israa Jaabis, l’ho inoltrata ad alcune compagne commentandola con Finalmente libera!.

Ma, col passare delle ore, mi sto chiedendo se Israa si possa davvero considerare libera: è tornata nell’apartheid di una città da decenni spaccata in due, occupata e militarizzata, vi è tornata con un corpo devastato anche grazie alla sadica e sistematica negligenza della canaglia sionista che, dopo averla incarcerata, ha sempre respinto ogni sua richiesta di cure.

Su Infopal potete leggere la vicenda del suo arresto. Una campagna e vari appelli sono stati fatti negli anni scorsi per la sua scarcerazione, ma tutto è, ovviamente, caduto nel vuoto.

Ieri sera i militari occupanti sono andati a casa della sua famiglia minacciando che Israa non sarebbe stata liberata se lì fosse rimasta la stampa ad attenderla (quanto avrebbero voluto che nell’incendio della sua auto le si fosse bruciata anche la lingua!!!), come se non bastasse il fatto che il governo isaeliano sta cercando di imporre il divieto di festeggiare chi viene rilasciato/a dal carcere, con la minaccia di riportarli/e in carcere.

E allora torno a chiedermi – e a chiedervi – Israa è davvero Finalmente libera? E, come lei, tutte le meravigliose e indomite donne palestinesi i cui volti gioiosi si riaffacciano in questi giorni, dopo anni di reclusione e torture nelle carceri israeliane?

«Salviamo la nostra umanità dalle macerie di Gaza»

Il titolo di questo post è la chiusa dell’intervento toccante che Samah Jabr ha dovuto fare in videoconferenza, non potendo partire da Gerusalemme per venire in Italia. L’intero intervento, registrato e trascritto, lo trovate nel sito del collettivo Artaud, con altri materiali video sul lavoro di Samah.

Derry è con la resistenza palestinese!

Segnalo anche altri materiali di approfondimento, in italiano: il primo riguarda le ragioni economiche che stanno alla radice di questa ennesima mattanza sionista nel nuovo assetto geopolitico che va definendosi; il secondo si focalizza sulla Palestina come laboratorio su cui Israele testa nuovi armamenti e tecnologie di controllo da esportare – al riguardo consiglio anche la lettura dell’opuscolo Il sistema Israele e le sue tracce nel mondo (2011).

Per info sulla campagna di biocottaggio sia dei prodotti israeliani che dei marchi complici delle politiche sioniste di apartheid e genocidio (Puma, HP, AXA, Carrefour, MacDonald’s, ecc ecc ecc): BDS Italia.

Agli ignavi che ancora seguono i media mainstream consiglio la lettura della notizia sull’elicottero israeliano che ha sparato sui ravers in fuga il 7 ottobre scorso – notizia pubblicata su Haaretz che, se pure ripresa, da adnkronos è praticamente passata in sordina.

A proposito: anche l’ignavia è complicità…

Con la Palestina nel cuore!