Perché non parliamo anche degli stupri “di pace”?

haringL’assegnazione del nobel per la pace al congolese dott. Mukwege e a Nadia Murad sta facendo esultare tante anime belle.

O, come sono brutti gli stupri di guerra! O, quanto ci commuove sentire le atrocità vissute dalle donne yezide e congolesi! O, come siamo fortunate a vivere in questa parte del mondo, dove se sei bianca e, possibilmente, di classe media puoi startene sulla tua poltrona a guardare con emozione l’assegnazione del nobel e magari applaudire attraverso la tastiera del computer! O, come ci sentiamo femministe&umanitarie quando proviamo empatia con le “vittime” di quelle brutture!

E poco importa se dopo 5 minuti ci siamo già dimenticate di quelle “vittime” e torniamo a sguazzare nella complicità col patriarcato capitalista&guerrafondaio e nei privilegi e comodità che le sue guerre ci garantiscono.

Né tanto meno importa citare nei nostri blog, articoli e interventi l’orrore e la ricorrenza degli stupri “di pace”.
Eh sì, perché su quello si tace, come si tace sul fatto che una struttura accademica come il Sant’Anna di Pisa – giusto per fare un esempio italiano tra altri  – profondamente coinvolto nel business della ricerca bellica, non disdegni di occuparsi di peacekeeping per arrotondare le entrate e imbellettarsi con una patina “umanitaria” –  perfino in un territorio come la Somalia, dove gli italiani “brava gente” hanno dato il peggio di sé fra stupri e altre atrocità tanto con il colonialismo quanto con la “missione di pace” Ibis/Restore Hope!

E ancor di più si tace su come agenzie internazionali come l’Onu – responsabile, tra l’altro, della diffusione del colera ad Haiti, che ha mietuto migliaia e migliaia di vittime – non siano affatto estranee alla pratica dello stupro “di pace”. Lo testimoniano anche gli articoli che ho riportato in queste poche ma significative pagine – che includono gli italiani “brava gente” in “missione di pace” – e un report su abusi e sfruttamento sessuale da parte dei peacekeepers presentato durante una sessione di lavoro dell’Assemblea generale delle Nazioni unite sugli aspetti economici delle operazioni Onu di peacekeeping, nel 2016.

Una cosa è certa: non applaudo all’assegnazione di questo (e di tutti gli altri) nobel perché non intendo farmi complice della strumentalizzazione a cui va incontro chi, come Nadia Murad, accetta il ruolo di ambasciatrice dell’Onu o il premio Sakharov per la libertà di pensiero che la guerrafondaia Unione europea ha conferito, nel 2016, a lei e alla sua compagna di sventura Lamya Haji Bashar.

Scrivo questo consapevole tanto del rispetto che meritano il dott. Mukwege, Nadia Murad e tutte/i coloro che davvero lottano contro lo stupro come arma – di pace e di guerra – contro bambine/ragazze/donne, quanto del disgusto che meritano l’ipocrisia diffusa e le anime belle.

E al proposito riporto la significativa intervista rilasciata da una compagna trentina a Radio Black Out sull’adunata degli alpini a Trento del maggio scorso, nella quale viene anche sottolineato come il pronto soccorso ginecologico dell’ospedale cittadino fosse stato rafforzato in previsione dell’arrivo di molestatori avvinazzati – che spesso indossano anche la divisa di peacekeepers.

Missioni militari italianeQui i dati sulle missioni militari italiane in corso, giusto per farsi un’idea…