Da che la Francia, per vendicarsi degli attentati di Parigi, ha cominciato a bombardare Raqqa, “capitale” del cosiddetto stato islamico, sui media on line compaiono articoli che raccontano di donne che “sorridono alle bombe”, perché finalmente possono scoprirsi il volto e i capelli, mentre i Daesh fuggono per salvarsi la pelle.
Un giornale scrive: «Le incursioni degli aerei da guerra rappresentano per loro un momento di pace, di gioia: mentre gli uomini di Al Baghdadi fuggono, atterriti dagli attacchi, loro, le donne dei civili, corrono a prendere una boccata d’aria. Il velo però lo lasciano nel buio delle loro case semidistrutte: la libertà merita di essere assaporata a volto scoperto».
«Le donne dei civili», avete letto bene! Non «le donne» e punto, perché anche alle nostrane latitudini proliferano la mentalità da sultani e la cultura dello stupro, e una donna è sempre “la donna di qualcuno”.
Ma, al di là di ciò, che le bombe rappresentino un momento di pace, di gioia e di libertà non riusciranno mai a farmelo credere.
Di fondo, stanno riciclando la stessa formula con cui, nel 2001, hanno provato a renderci complici della guerra in Afghanistan: usare la retorica della liberazione delle donne dal burqa per accattivarsi le simpatie femministe… Continue reading