Quando la polvere ha il colore della morte…

Taranto

«Vedi quella polvere rossa? È diossina», dice C. indicandomi il guard-rail mentre passiamo in auto sotto quel mostro industriale che da decenni devasta la salute di chi vive a Taranto: l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.

Immediatamente penso al Vietnam, agli oltre 7 milioni di litri di Agent Orange copiosamente irrorati dall’esercito statunitense su foreste e giungla per stanare la resistenza dei Vietcong. Penso alle generazioni che, nei decenni, hanno pagato e continuano a pagare il prezzo di quella guerra (video 1 e 2).
Penso a Seveso, uno dei poli di produzione segreta di quella maledetta sostanza.

Vietnam

Sono a Taranto – nel “cuore della bestia” – proprio per un incontro pubblico sui nessi tra guerra, capitale e militarizzazione/devastazione della salute e dei territori.

Sono a Taranto e penso alla criminale ipocrisia di Draghi e della classe politica italiana che, dopo aver imposto alla popolazione di inocularsi dei sieri sperimentali “per la propria salute”, ha deciso di incrementare, raddoppiandola, la produzione dell’ex Ilva da 4 a 8 milioni di tonnellate.

Ne parliamo in cerchio: siamo tutte e tutti «esperti sulla propria pelle», come avrebbe detto Maccacaro (qui potete ascoltare le tre parti del mio intervento: 1, 2, 3).

Al termine della serata una compagna mi racconta del cancro incurabile di suo figlio diciottenne e mi racconta di tutti quelli che abitano “ai Tamburi”, proprio sotto le ciminiere del mostro, e che, malgrado tutto, non se ne vogliono andare da lì.

La guerra non è soltanto altrove. La guerra è anche qui, nel nostro quotidiano e nei nostri corpi, con la sua logica, il suo linguaggio e le sue produzioni di morte.

Essere antimilitarista significa lottare contro lo stato di cose presente, che è stato di guerra permanente, emergenza infinita, insaziabile fame di profitti, inarrestabile scia di morti.
Il resto sono parole al vento, quel vento che, come a Taranto, porta la morte nelle case e nelle strade…

War is War, Baby!

I fatti:

«Alcuni lavoratori dell’aeroporto civile Galileo Galilei di Pisa ci hanno informato di un fatto gravissimo: dal Cargo Village sito presso l’Aeroporto civile partono voli “umanitari”, che dovrebbero essere riempiti di vettovaglie, viveri, medicinali e quant’altro utile per le popolazioni ucraine tormentate da settimane da bombardamenti e combattimenti. Ma non è così!   Quando si sono presentati sotto l’aereo, i lavoratori addetti al carico si sono trovati di fronte casse piene di armi di vario tipo, munizioni ed esplosivi.   Una amara e terribile sorpresa, che conferma il clima di guerra nel quale ci sta trascinando il governo Draghi.   Di fronte a questo fatto gravissimo, i lavoratori si sono rifiutati di caricare il cargo: questi aerei atterrano prima nelle basi USA/NATO in Polonia, poi i carichi sono inviati in Ucraina, dove infine sono bombardati dall’esercito russo, determinando la morte di altri lavoratori, impiegati nelle basi interessate agli attacchi […]» (da l’Antidiplomatico).

La “soluzione”:

titolo dall’Huffington Post

Questo post è dedicato a chi pensa che la guerra sia soltanto altrove…

Ecco a voi i destinatari delle armi occidentali!

In tempi non sospetti – era il lontano 2016 – quando tutti/e se ne fregavano altamente della pulizia etnica in atto nei territori della cosiddetta ‘Ucraina orientale’, Oliver Stone(*) ha ricostruito la storia dei nazisti e dei neonazisti ucraini. Vi invito caldamente a prendere visione del suo documentario Ukraine On Fire, perché è bene essere consapevoli che tra un po’ avremo a che fare con costoro e con i loro sodali da tutta Europa, armati fino ai denti dai governi occidentali.
E vedremo se, a quel punto, i negazionisti nostrani che oggi li comparano ai partigiani si decideranno a dissotterrare gli – ormai arrugginiti – sten.
Per altro, pare che anche Israele si stia facendo un paio di domande al riguardo…

Dopo aver guardato questo documentario, vi consiglio anche la visione della terza parte dell’intervista a J. Tritto (qui avevo pubblicato le precedenti due parti), per aver chiara la direzione verso cui ci stanno portando a grandi passi i nessi tra scienza, guerra e dominio del capitale.

In ultimo, per farvi riprendere respiro e voglia di lottare, vi invito a leggere un post degli studenti udinesi contro il green pass.
A me ha scaldato il cuore verificare che ci sono ancora giovani menti critiche e pensanti, malgrado il lavaggio del cervello propinato nei decenni recenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado!

(*) Dissuado pacifinti e femmifinte dal mandarmi commenti sulle recentissime dichiarazioni di O. Stone, perché questo non è un post su di lui ma sullo stato di cose esistenti.

N.A.T.O.: un acronimo tabù?

Leggendo la piattaforma dei cortei organizzati da NUDM per l’8 marzo ho notato che manca del tutto l’acronimo della NATO, regia per nulla occulta di questa nuova guerra.

Allora ho pensato: riecco ‘sorella’ Atena!

Per rispolverare la memoria – che oramai pare essere un lusso per poche – vi invito a rileggere le mie Riflessioni su ‘sorella’ Atena e alcune demistificazioni necessarie, scritte in altri anni e per altre guerre ma, a quanto pare, più che mai attuali nella sostanza.

Nel contempo vengo a sapere da alcune compagne che ci son stati tentativi di escludere dai cortei le donne che partecipano ai percorsi contro il green pass. No comment…

Mai come domani andrò volentieri a lavorare!

Striscione della Coordinamenta

«Non si invochi la libertà per sottrarsi alla guerra»

Il modo migliore per aiutarvi a prevenire una guerra
non è di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi,
ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi.

Virginia Woolf

Prima ghinea
Il titolo di questo post è un tipico esempio di quella che la psicoanalisi chiamerebbe condensazione.
La frase così com’è, infatti, non è attribuibile a nessuno di preciso. Ma in epoca di “seconda dose” di Mattarella, essa condensa in sé il suo accorato appello al «Dovere, morale e civico, della vaccinazione» con la logica guerrafondaia di quest’uomo – ministro della difesa ai tempi della guerra contro la Jugoslavia (la famosa “Operazione Allied Forces”, ampiamente sostenuta anche dal femminismo mainstream occidentale!).

«Non si invochi la libertà per sottrarsi dalla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui», dichiarava solennemente Mattarella nell’aprile 2021 evidentemente senza alcuna contraddizione col suo attivo e partecipato sostegno ad un’operazione bellica in cui venne bombardata anche la popolazione civile (5mila morti e 10mila feriti serbi, tra militari e civili, secondo i dati Nato riportati dalla rivista della Difesa italiana).

D’altra parte, da mesi ci ammorba un ipnotico ritornello che nulla ha da invidiare a quello che affermò all’epoca Jamie Shea, portavoce della Nato: «C’è sempre un costo per sconfiggere un male. Non è mai gratuito, purtroppo. Ma il costo del fallimento per sconfiggere un grande male è molto più alto».
E allora… VIVA LA GUERRA! Zang-tumb-zang-tuuum tuuumb!!!

Sarà per questo che, tra una dose di siero, l’altra e l’altra ancora, pochi/e si stanno accorgendo del delinearsi di un Afghanistan dentro l’Europa, in cui cui l’Italia ha un ruolo tutt’altro che secondario?
Nulla che debba sorprendere: basti ricordare che, nella primavera del 2020, mentre noi eravamo tenute/i coercitivamente blindate/i nelle nostre case e i militari pattugliavano il territorio italiano, i ‘figliuoli della patria’ erano impegnati proprio in Lettonia (ma tu guarda che coincidenza?!?!!!) con l’esercitazione Nato “Steele Quench”, sicuramente in nome di un intramontabile «Dovere, morale e civico, della guerra» (altra condensazione…).

Seconda ghinea
Alcuni giorni fa, in una lista di compagne nata all’inizio del pandelirio per darci supporto e scambiarci informazioni/riflessioni/spunti, scrivevo delle necessità ed urgenza di uno studio sulla psicologia di chi si è fatto/a vaccinare volontariamente – cioè non sotto coercizione.
Mi piacerebbe infatti capire come sia possibile che milioni di persone che hanno creduto alla menzogna dell’immunizzazione, che si son fatti 2-3 dosi e forse si farebbero anche la quarta malgrado abbiano preso il covid e siano anche, in alcuni casi, finiti in ospedale (ma in questo caso, si sa, si/ti raccontano che avrebbero avuto effetti peggiori senza il ‘vaccino’), continuino tenacemente a credere tanto nella narrazione dominante – e, spesso, anche a criminalizzare chi non si fa vaccinare – quanto alla “non correlazione” tra sieri e crescenti casi di disabilità/morte in ogni fascia di età, malgrado le evidenze…

Mi sconcerta anche il loro reset quotidiano compiuto – volontariamente? inconsciamente? – per non cogliere quel “tutto e il contrario di tutto” che alimenta le giornaliere farneticazioni di virologi&politici superstar e che ormai è degno solo di video-barzellette sui social (che vengono immancabilmente censurate anche se riportano testualmente le loro dichiarazioni).
La risposta l’ho, poi, trovata in un testo di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni sulla Cognizione del terrore; della prima autrice consiglio caldamente anche di leggere (e meditare su) Un’altra idea di salute.

La seconda ghinea, quindi, è per chi non intende lasciarsi lobotomizzare definitivamente e, anziché guardare il festival di Sanremo, preferirà dedicare le prossime serate a letture degne di esser chiamate tali.

Terza ghinea
Lo scorso ottobre avevo dato alcune indicazioni per autodeterminare la prevenzione.
Nel frattempo varie persone a me care si sono trovate costrette all’inoculazione coercitiva del siero per non morire di fame e poter continuare a lavorare – o, addirittura, per poter continuare a cercare lavoro!
Per chi si trovasse nella stessa situazione, ecco qui due protocolli utilizzati per cercare di disintossicarsi quanto più possibile dal siero. Il primo è stato stilato da un medico omoeopata, il secondo è frutto delle ricerche di una studiosa di rimedi naturali.

1 – GALIUM Heel: 5 gocce due volte al giorno per i 5 giorni precedenti la vaccinazione (non il giorno stesso della vaccinazione e il successivo, in cui invece verrà dato Sulphur), e poi per altri 5 giorni iniziando il giorno successivo alla seconda dose di Sulphur.
SULPHUR 30CH: 5 gocce o 3-4 granuli il giorno della vaccinazione, poco prima che venga effettuata e il mattino seguente.
THUJA 30CH: 5 gocce o 3-4 granuli una volta al giorno al mattino a giorni alternati, iniziando 48 ore dopo la seconda dose di Sulphur, per un totale di almeno 6 somministrazioni (nei giorni in cui coincide con la somministrazione di Galium questo verrà dato solo una volta saltando la somministrazione del mattino).
In caso di reazione febbrile è meglio evitare antipiretici.
È importante tenere nota di eventuali reazioni, fenomeni insoliti o alterazioni dello stato di salute successivi alla vaccinazione, anche a distanza di tempo e informarne il medico che vi consiglierà gli opportuni provvedimenti.

2 – Una al giorno di ognuno, dopo i pasti, continua anche prima e dopo seconda dose, lavorando in sinergia non serve seguire i dosaggi prescritti:
NAC 750 (se NAC 750 non si trova, prendi il 600 e poi dividi una capsula in 4 e fai tu il 750)
DESMODIUM
BROMELINA
Zinco e Selenio (servono anche per prevenzione)

Quarta ghinea
La quarta ghinea è la capacità di non perdere la creatività né la voglia di ridere, che fanno tanto bene alle difese immunitarie.

Vi lascio, allora, con una canzoncina e soprattutto con l’invito a moltiplicare le ghinee fino a crearne una tempesta sotto cui seppellire tutti i difensori ipocriti della vita.

Da quasi un secolo abbiamo chiaro, come femministe, che le famose “tre ghinee” non possono bastare, con buona pace di Virginia…

Dietro le quinte, la guerra…

Scena 1. Sabato 10 luglio 1976, dall’Icmesa fuoriesce una nube tossica. Ma che si produce in quella ‘fabbrica dei profumi’? Semplice: triclorofenolo di diossina (TCDD) per armi chimiche.

Scena 2. Hanno colpevolizzato i pipistrelli e i cinesi ‘mangiapipistrelli’. Ma da dove arrivi il covid-19 ormai dovrebbero saperlo anche i pangolini: dai laboratori in cui si fa ricerca sulle armi biologiche.


Scena 3. Tutti ben ordinati, igienizzati e distanziati, in fila pronti per il vaccino. Quale? Fa lo stesso, anzi più ne mixi e meglio è. Questa è la scienza, baby! Tutto il resto è stregoneria, flatus vocis di ciarlatani…

Coro. La guerra, la guerra, la guerra. È o non è la “sola igiene del mondo”? Dobbiamo o non dobbiamo igienizzarci?!?

No, non sono impazzita né complottista. Molto più semplicemente, malgrado nell’ultimo anno (ma, direi da almeno 2-3 decenni) abbiano fatto di tutto per spegnerci ogni capacità critica, sono ancora in grado di ragionare e di mettere insieme i tasselli, ricordando le parole di G. A. Maccacaro: Siamo cavie umane del profitto altrui.

Ci vediamo a Seveso il 10 luglio, ma non per un’allegra scampagnata nel Bosco delle querce, dove si cammina calpestando la memoria…

Comunicato sull’autoformazione femminista (e alcune considerazioni sul presente)

Comunicato
Carissime, dati i problemi di spostamento che si stanno delineando per molte delle partecipanti all’autoformazione femminista, abbiamo pensato che sia meglio rimandare a settembre il ciclo di incontri.
Ne siamo profondamente dispiaciute, dati gli stimoli e il nutrimento che quegli incontri stavano dando a tante di noi.
Consapevoli che il virus più micidiale è ancora oggi il patriarcato, vi abbracciamo forte.

Nicoletta Poidimani e le Donne in Cantiere

Abbiamo preso questa decisione dopo esserci rapidamente consultate.
Vi invitiamo a leggere i materiali relativi ai due incontri precedenti nella pagina fb delle Donne in Cantiere e nel blog della Coordinamenta.

A margine, alcune mie considerazioni.

L’Italia è blindata. Il grande esperimento di controllo e repressione fatto nei campi per i terremotati dell’Aquila è ora applicato a territori molto più ampi – e bontà loro che si possa ancora (ma per quanto?) bere caffè e mangiare cioccolato!
Non per caso è la Protezione civile a fornire i dati sul ‘contagio’ e non il Ministero della salute… D’altra parte il protocollo attualmente adottato è assai simile a quello della “medicina delle catastrofi” – che include, nella categoria di “catastrofe” gli eventi naturali estremi, gravi incidenti, guerre, ecc.

I governanti vorrebbero indurci a ragionare sulla salute con una logica di guerra. Nel frattempo in Europa scorrazzano allegramente decine di migliaia di militari per Defender 2020, definita “la più grande esercitazione della Nato”.

Coincidenze che non possono passare inosservate.

Così come non può passare inosservato lo sfacelo creato dal ventennio di intrallazzi del ciellino Formigoni sulla sanità lombarda, con strutture ospedaliere ormai al collasso. Sfacelo che noi femministe abbiamo sempre denunciato politicamente, perché sperimentato prima di tutto sulla pelle delle donne.

Nell’attuale moltiplicarsi e restringersi delle frontiere, la mia solidarietà va soprattutto alle profughe e ai profughi siriani usati come scudi umani dal macellaio Erdogan e dalla Fortezza Europa, nonché alle donne a agli uomini reclusi nelle istituzioni totali che stanno protestando contro la sospensione dei colloqui.

Lo sfratto, la guerra e l’esilio

Un fiume di immagini e parole da settimane (da anni!) ci travolge, ci confonde, ci lascia ammutolite. Un intreccio di dolore e pudore della parola che non basta più – e che non è mai bastata – tra donne violentate nei lager per migranti, bambini chiusi nelle valigie o morti soffocati con le loro madri nelle stive e nei container, confini, guerre, fili spinati, militari, cani, fortezze-nazioni, fortezze-continenti, fortezze-forzieri…

Avevo scelto il silenzio, per non cadere nella banalità di parole scontate che nulla cambiano alla vita di chi, malgrado tutto, non perde il coraggio.
Ma ieri un’immagine ha fatto detonare la mia rabbia: la foto di una donna siriana che, al confine della Macedonia, bacia la mano di una soldata, nel mezzo degli scontri, per implorare di farla passare. Al dolore della guerra e dell’esilio questa maledetta fortezza Europa sa soltanto aggiungere il dolore dell’umiliazione a chi sopravvive al viaggio. Maledetta fortezza! Maledetta! MALEDETTA!!!

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Ho ripensato a quando, dieci anni fa, fra donne, amiche, compagne, dopo aver impedito che una di noi venisse sfrattata, abbiamo cominciato a raccontarci gli sfratti che ciascuna aveva vissuto nella propria vita e ne avevamo fatto un racconto corale, così come corale era stato, in precedenza, il nostro ‘NO!’ ad un guerra di cui ci avrebbero volute complici.
Con quel racconto avevamo, poi, sfidato un confine, partecipando ad un concorso letterario che chiedeva alle donne straniere di parlare delle italiane e viceversa; la nostra firma collettiva era ‘Shahrazad e le mille e una donna’.
Riprendendo ciò che, in parte, era rimasto fuori da quel racconto, avevo successivamente intrecciato le nostre parole con quelle di Christa Wolf e altre donne e oggi, con quelle stesse parole, voglio rompere il silenzio e l’orrendo senso di impotenza che il kapitale vorrebbe imprimerci nella carne, fino a disumanizzarci. Continue reading