Lo sfratto, la guerra e l’esilio

Un fiume di immagini e parole da settimane (da anni!) ci travolge, ci confonde, ci lascia ammutolite. Un intreccio di dolore e pudore della parola che non basta più – e che non è mai bastata – tra donne violentate nei lager per migranti, bambini chiusi nelle valigie o morti soffocati con le loro madri nelle stive e nei container, confini, guerre, fili spinati, militari, cani, fortezze-nazioni, fortezze-continenti, fortezze-forzieri…

Avevo scelto il silenzio, per non cadere nella banalità di parole scontate che nulla cambiano alla vita di chi, malgrado tutto, non perde il coraggio.
Ma ieri un’immagine ha fatto detonare la mia rabbia: la foto di una donna siriana che, al confine della Macedonia, bacia la mano di una soldata, nel mezzo degli scontri, per implorare di farla passare. Al dolore della guerra e dell’esilio questa maledetta fortezza Europa sa soltanto aggiungere il dolore dell’umiliazione a chi sopravvive al viaggio. Maledetta fortezza! Maledetta! MALEDETTA!!!

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Ho ripensato a quando, dieci anni fa, fra donne, amiche, compagne, dopo aver impedito che una di noi venisse sfrattata, abbiamo cominciato a raccontarci gli sfratti che ciascuna aveva vissuto nella propria vita e ne avevamo fatto un racconto corale, così come corale era stato, in precedenza, il nostro ‘NO!’ ad un guerra di cui ci avrebbero volute complici.
Con quel racconto avevamo, poi, sfidato un confine, partecipando ad un concorso letterario che chiedeva alle donne straniere di parlare delle italiane e viceversa; la nostra firma collettiva era ‘Shahrazad e le mille e una donna’.
Riprendendo ciò che, in parte, era rimasto fuori da quel racconto, avevo successivamente intrecciato le nostre parole con quelle di Christa Wolf e altre donne e oggi, con quelle stesse parole, voglio rompere il silenzio e l’orrendo senso di impotenza che il kapitale vorrebbe imprimerci nella carne, fino a disumanizzarci. Continue reading