Sulla cultura dello stupro – Parte terza

La lettura che propongo oggi è ripresa dal blog Femminismo e materialismo. Si tratta di una riflessione importante non solo perché mette in discussione la metodologia riduzionista con cui sono stati raccolti gli ormai strafamosi dati Istat sulla violenza maschile contro le donne, ma anche e soprattutto perché, andando al di là di quei dati, l’autrice del blog si chiede “Come muterebbero […] i risultati se si chiedesse alle donne di dichiarare  se hanno mai praticato rapporti sessuali senza averne voglia?”, mettendo quindi l’accento sul consenso.

Infatti, secondo l’autrice, “Applicato ai rapporti sessuali, in un sistema patriarcale, in una condizione quindi di disuguaglianza, il consenso assume una precisa connotazione di genere ed esprime la disponibilità della donna ad appagare le istanze di godimento dell’uomo, a sottomettersi ai suoi desideri e al suo potere decisionale”.

La ricerca svolta da M. Barbagli, G. Dalla Zuanna e F. Garelli sulla sessualità maschile degli italiani e citata dall’autrice conferma questa asimmetria e fa emergere il nodo del consenso come questione prioritaria.

51NqU7WuOdL._SY498_BO1,204,203,200_ Per altro, le risposte citate in questa ricerca mi hanno riportato alla memoria un testo di Renata Pisu, Maschio è brutto. L’uomo italiano in trecento lettere sessuali (1976), che ho letto tanto anni fa. Si trattava di lettere inviate da uomini su tematiche inerenti la sessualità alla rubrica “La posta di Cristina” (dove Cristina Leed era lo pseudonimo usato da R. Pisu) di un settimanale diffuso fra gli anni ’60 e i primi anni ’70. Quelle lettere mettevano in luce non solo l’ignoranza e l’arretratezza dei maschi italiani per quanto riguarda la sessualità, ma anche come lo stupro fosse spesso concepito come comportamento “normale” (quando non veicolo di veri e propri “miracoli“!).

Non sto ad anticipare altro, e rimando alla lettura diretta dell’intervento, che riporto qui sotto. Continue reading

Sulla cultura dello stupro – Parte seconda

Ieri sera con alcune compagne si parlava di rappresentazioni oggettificanti del corpo femminile, complicità e postvittimismo.
Una di loro, che ringrazio tantissimo, mi ha segnalato il documentario Donne a metà di Mariano Tomatis, che non conoscevo.
Pur non trattandosi di un lavoro prodotto da una donna, ho deciso di ospitarlo in questo sito perché propone una prospettiva interessante sulla spettacolarizzazione/normalizzazione della violenza maschile contro le donne, senza indulgere in luoghi comuni ma ponendo domande.

Buona visione (si fa per dire…)

Sulla cultura dello stupro – Parte prima

Benché la cultura dello stupro sia ancora dominante, se ne parla ormai poco, soprattutto quando riguarda l’Occidente neoliberista.

Sono convinta che una prospettiva postvittimistica non trovi gambe per camminare se non rimette all’ordine del giorno l’analisi e la lotta contro questa cultura, a cui ci siamo talmente assuefatte da diventare, sempre più spesso, incapaci di riconoscerla nel nostro quotidiano.

Ho, così, deciso di cominciare a ripubblicare alcuni interventi di altre donne da cui chi vorrà potrà trarre spunti per analisi e – auspico – conseguenti pratiche.

Poco mi importa che si condividano al 100% questi interventi: il criterio in base al quale li ho scelti non è la corrispondenza col mio pensiero quanto, invece, il fatto che problematizzino il nodo in questione senza inutili dogmatismi o facili ricettucole trionfalistiche che non porterebbero da nessuna parte.

Mi auguro che questa prima ripubblicazione, a cui ne seguiranno altre, ci stimoli a recuperare le tracce di una memoria perduta, per scardinare le “cause che hanno portato gran parte del movimento delle donne su posizionamenti vittimistici facendo perdere quello slancio e quella radicalità che aveva negli anni ’70 […] alimentando un approccio “consumistico” della politica, del tipo usa-e-getta, che rende difficoltosa la continuità di un percorso politico collettivo” (Domande, riflessioni e spunti su etica, pratiche e orizzonti di liberazione, in dakobaneanoi).

Per cominciare, ho scelto un intervento di Mariella Bettarini e uno di Alyn Pearson, di cui potete fare il download cliccando sui nomi.

Dedico questo inizio di percorso alle due giovani donne indiane che il criminale e tutto maschile consiglio di villaggio aveva condannato allo stupro – fortunatamente senza riuscirci! – per riparare al gesto con cui il fratello aveva rotto la rigida gerarchia di caste.
La loro vicenda non riguarda soltanto un altro continente e dovrebbe sollecitarci a riconoscere e combattere la cultura dello stupro nelle sue declinazioni e dissimulazioni, oggi e qui.

Buona lettura!

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