Spese militari e “dannate della guerra”

Poiché mi è stato ripetutamente chiesto di pubblicare il mio intervento sulle “dannate della guerra” al convegno del 21 aprile e i dati sulle crescenti spese militari che ho enumerato in piazza a Milano il 5 maggio scorso, riporto questi ultimi in un file che potete scaricare qui, ricordando a chi fosse interessata/o a questo tema che l’Osservatorio sulle spese militari fornisce il continuo aggiornamento di tali dati.

Per quanto riguarda, invece, il mio intervento sull’impatto delle guerre neoliberiste sulle vite delle donne, potete ascoltarlo in podcast:

A fronte di questo ‘bel’ quadretto, mi chiedo come si possa ancora pensare di chiedere allo Stato con l’elmetto di garantire alle donne la – testuale – “giustizia riproduttiva”.

Ci siamo forse dimenticate che l’obiezione di coscienza sull’interruzione volontaria di gravidanza è garantita dall’art. 9 della legge 194/78?

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A quarant’anni dalla promulgazione di questa legge, c’è ben poco da commemorare. Assai diverso sarebbe superare, su tale questione, le leggi fasciste sulla “integrità e sanità della stirpe” (e dell’onore patriarcale…) rilanciando la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza (anche dal punto di vista delle sanzioni amministrative!), come volevano le femministe radicali già negli anni ’70.

Che alle donne ci pensino le donne stesse, autodeterminandosi; non lo Stato!

Sulla proposta di inserire l’educazione sessuale nelle scuole, sempre più legate a doppio filo con l’apparato militare, non sto nemmeno a fare commenti.

D’altra parte, non dobbiamo sorprenderci che certo femminismo ammaestrato, suprematista e collaborazionista non spenda mezza parola sulla crescente militarizzazione né si schieri fattivamente al fianco delle dannate della guerra…

Che cosa si nasconde dietro la “teoria gender”?

caprioloNegli anni passati ho tenuto svariate conferenze sul progetto integralista cattolico di rievangelizzazione del linguaggio, sistematizzato nel Lexicon vaticano e volgarizzato nei ricorrenti e pretestuosi attacchi contro un’affabulata ’teoria gender’.

Dati i tempacci che corrono e soprattutto quelli tetri che si vanno prospettando, ho voluto riproporre un’analisi genealogica di questa crociata integralista, che mira a disciplinare desideri e comportamenti attaccando frontalmente l’autodeterminazione delle donne a livello planetario, ma non solo.

Ringrazio RadioCane per aver ospitato queste mie riflessioni, che potete ascoltare qui.

Postvittimismo, ma davvero!

Parma-2Qui potete ascoltare il podcast dell’intervista che ho rilasciato a Radio BlackOut sull’iniziativa seminariale di Parma.
Qui la registrazione dell’intera iniziativa e qui una sintesi del laboratorio, per chi volesse proporlo nel proprio territorio.

Voglio ringraziare di cuore chi ha organizzato l’incontro e le numerose donne che vi hanno partecipato – venendo anche da Como, Milano, Roma, Bologna, Cremona e altre città – nonché le compagne della Coordinamenta che, ancora una volta, hanno dato un importante contributo alla lotta femminista e anticapitalista, e tutte le compagne che ci hanno sostenute in questo percorso.

Un abbraccio forte alle splendide donne che hanno partecipato allo stage di autodifesa femminista che si è tenuto a Parma sabato 20 e domenica 21 e tutta la mia solidarietà alle compagne che oggi vengono processate all’Aquila con l’accusa di aver diffamato il difensore di Francesco Tuccia – stupratore in divisa.

Grazie a tutte queste donne il postvittimismo camminerà con gambe sempre più forti e sicure, radicate nella consapevolezza di sé e nella lotta antipatriarcale, senza paura!

L’immagine di questo post riproduce uno dei cartelli esposti dalle compagne nell’aula magna dell’università di Parma, durante l’incontro seminariale di venerdì scorso.

Sincerità dell’immondizia…

melma[…] una fogna è un cinico, che svela ogni cosa.
Questa sincerità dell’immondizia ci piace e riposa l’anima: quando si è trascorso il tempo a subire sulla terra lo spettacolo delle arie che si danno la ragion di stato, il giuramento, la saggezza politica, la giustizia umana, le onestà professionali, l’austerità di certe posizioni, gli abiti incorruttibili, solleva entrare in una fogna e vedere della melma che ammette di esserlo. […] (V. Hugo)

Nessuna sintesi potrebbe essere più efficace per esprimere ciò che penso dei comunicati intrisi di calunnie che attaccano iniziative contro la violenza di genere, di chi si sta anchilosando le dita su tastiere e con tweet per spammare al mondo quelle calunnie, delle maestrine che pensano di doverci spiegare come si faccia un’assemblea (senza nemmeno informarsi se si tratti o meno di un’assemblea) e delle maestrine che si ritengono detentrici uniche dei saperi femministi e poi appoggiano piani antiviolenza (sedicenti “femministi”) che ancora una volta non tengono conto né delle pratiche di autodifesa femminista contro la delega della propria sicurezza allo Stato, né della necessità di sostenere le donne che finiscono in carcere per aver reagito alla violenza maschile.

Che ciascuna/o intraprenda la strada che vuole, ma facciamola finita con lotte di egemonia  il cui unico effetto è rafforzare il patriarcato e il crescente fascismo.

Nel blog della Coordinamenta potete leggere la lettera delle compagne che hanno organizzato l’iniziativa del 19 gennaio prossimo a Parma, il comunicato di Parmantifascista in relazione allo stesso evento, il mio comunicato e quello della Coordinamenta in risposta al testo divulgato dalla rete #iostoconclaudia.

Detto ciò, non ho intenzione di perdere altro tempo su questa infame vicenda.

L’unico vaccino che ci piace….

pinprick_by_arcanaxci-d1vnpnhNei giorni scorsi stavo prendendo degli appunti per scrivere un post sulla canea mediatica riguardo la questione vaccini, ben felice di appartenere ad una generazione alla quale le malattie esantematiche hanno potuto rafforzare il sistema immunitario – e quanto ci divertivamo quando stavamo a casa da scuola, libere/i di giocare con chi aveva già fatto la malattia che noi avevamo in corso e magari ce l’aveva pure trasmessa senza passare per untore!

Avrei voluto proporre delle riflessioni su come questa operazione – oltre ad ingrassare i portafogli delle multinazionali farmaceutiche ed avere precisi connotati di classe, come altre hanno già fatto notare – miri a rafforzare la statalizzazione del biologico attraverso la statalizzazione della salute, minando alla radice ogni minima istanza di autodeterminazione delle propria vita.
Ma proprio ieri ho scoperto, quasi per caso, dalla newsletter di un sito dedicato alla scuola, che ora lo Stato pretenderebbe che anche operatrici ed operatori scolastici e sanitari venissero vaccinati a tappeto (si legga la nota del Miur). Continue reading

Corpo è rivoluzione!

Interrompo, con un’intervista rilasciata a RadioCane, questi mesi di mio silenzio “pubblico”, dovuto alla necessità di concentrarmi su alcune profonde trasformazioni che riguardano la mia esistenza.

In quest’epoca di nauseante normalizzazione, molto probabilmente si leverà alto il coro delle rane aristofanee ascoltando queste mie parole.

filosofie-parinetto-corpo-rivoluzione-marxLascio dunque, parinettianamente, ai propri Brekekekex koax koax chi ha scelto di accomodarsi nella miseria dell’esistente, e ringrazio tutte/i coloro che, a 15 anni dalla morte di Luciano Parinetto, lo hanno voluto ricordare con me e con Gian Andrea Franchi, riempiendo lo spazio di Cox18 di intelligenza, emozioni, desideri e utopia.

Vai su RadioCane per ascoltare l’intervista.

Qui potete scaricare il pdf della mia postfazione alla riedizione di Corpo e rivoluzione in Marx, mentre qui potete ascoltare il podcast della presentazione in Cox18.

Lo stato è lo stato, il business è il business, il capitale è il capitale… E le donne?

Non sorprende che il noiosissimo tormentone sulle statue coperte per non “turbare” Rohani non abbia sfiorato il fatto che  l’Italia sia uno dei paesi che più utilizza, a fini commerciali, il corpo delle donne  – intero o a pezzi, a seconda dei gusti. (Mi chiedo, per altro, se gli abbiano messo il paraocchi perché non vedesse anche i cartelloni pubblicitari, le televisioni, ecc. ecc.).

Ma business is business (leggasi: il capitale è il capitale) e se usare i corpi femminili serve a vendere di più, d’altra parte per intascare fior di miliardi si può anche “censurare” una povera Venere.

Non si tratta di dispositivi differenti, anzi! Diciamo che l'”oggetto” donna viene svestito o impacchettato a seconda dei gusti del “cliente” e degli interessi del “venditore”. Così funziona lo stato patriarcale&capitalista. Non ci piove.

Questo stesso stato che si preoccupa di non turbare, con un paio di antiche tette marmoree, chi detiene il record delle impiccagioni, è anche quello che, dopo aver riempito gli ospedali di obiettori, ora pretende pure che le donne costrette ad abortire clandestinamente lo ingrassino con multe dai 5mila ai 10mila euro. E la chiamano “depenalizzazione”!!!

D’altra parte, come scrive Silvia Federici, È fondamentale vedere che oggi nella politica neoliberale, nella politica del capitalismo internazionale, non è tanto l’aborto in sé che conta, quanto il controllo sulla riproduzione. Non dobbiamo dimenticare che la stessa classe capitalistica che oggi cerca di limitare l’aborto è quella che in anni molto recenti organizzava i safari della sterilizzazione in India, in Indonesia. […] La questione è a chi spetta decidere, chi deve/può venire al mondo su questo pianeta: una decisione che gran parte della classe capitalistica, oggi, tanto quanto al tempo della caccia alle streghe, è determinata a non lasciare nelle mani delle donne. (S. Federici, Il punto zero della rivoluzione. Lavoro domestico, riproduzione e lotta femminista, Ombre Corte 2014)

Quando si tratta di controllo sul corpo e sulla sessualità delle donne, gli stati riescono sempre a dare il meglio di se stessi.
Altri due esempi. Continue reading

Sorridiamo, donne: arrivano le bombe!

Da che la Francia, per vendicarsi degli attentati di Parigi, ha cominciato a bombardare Raqqa, “capitale” del cosiddetto stato islamico, sui media on line compaiono articoli che raccontano di donne che “sorridono alle bombe”, perché finalmente possono scoprirsi il volto e i capelli, mentre i Daesh fuggono per salvarsi la pelle.

Un giornale scrive: «Le incursioni degli aerei da guerra rappresentano per loro un momento di pace, di gioia: mentre gli uomini di Al Baghdadi fuggono, atterriti dagli attacchi, loro, le donne dei civili, corrono a prendere una boccata d’aria. Il velo però lo lasciano nel buio delle loro case semidistrutte: la libertà merita di essere assaporata a volto scoperto».

«Le donne dei civili», avete letto bene! Non «le donne» e punto, perché anche alle nostrane latitudini proliferano la mentalità da sultani e la cultura dello stupro, e una donna è sempre “la donna di qualcuno”.

Ma, al di là di ciò, che le bombe rappresentino un momento di pace, di gioia e di libertà non riusciranno mai a farmelo credere.

Di fondo, stanno riciclando la stessa formula con cui, nel 2001, hanno provato a renderci complici della guerra in Afghanistan: usare la retorica della liberazione delle donne dal burqa per accattivarsi le simpatie femministe… Continue reading

Gineologia: un paradigma postvittimista per la liberazione

Ho voluto tradurre questo intervento sulla Gineologia perché credo possa essere un prezioso nutrimento per chi, nel movimento delle donne in Italia, sente la necessità di aggiornare la propria cassetta degli attrezzi nonché l’urgenza di un cambiamento radicale di metodo e di prospettiva in chiave postvittimistica.

Il giusto rifiuto nei confronti di un femminismo rampante che elemosina briciole di potere non è sufficiente a risolvere la difficoltà di mettere a fuoco pratiche in grado di rivoluzionare l’esistente dalle radici. Per scardinare il sistema patriarcale nelle sue declinazioni economiche, politiche, sociali e culturali occorre un nuovo paradigma.

Nei paesi occidentali gli Women’s Studies, nati in origine come strumento di critica dei saperi, si sono spesso ridotti ad uno sterile accademismo, del tutto innocuo nei confronti del sistema di sapere dominante – che talvolta li ha perfino sventolati come proprio fiore all’occhiello.

La Gineologia, invece, traendo le proprie radici da un percorso di trasformazione complessiva – qual è quello che le donne kurde stanno portando avanti con determinazione – ci conduce in un’altra direzione.
Sta anche a noi comprenderne la portata…

Ringrazio Nora, che ha fatto la revisione di questa non facile traduzione.

Per approfondimenti, si veda anche il mio Inanna/Ištar: potenza della dea e immaginario postvittimista

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Da Kurdish Question

Gönül Kaya è giornalista e rappresentante del movimento kurdo delle donne. Questo articolo è la trascrizione del suo intervento alla Jineology Conference che si è tenuta a Colonia (Germania) nel marzo 2014.

P11733-300x192erché la Gineologia? Ricostruire le scienze per una vita libera e comunitaria
di Gönül Kaya

Il Movimento delle donne libere del Kurdistan considera la Gineologia come un passo importante nell’autodifesa e nella lotta trentennale per la mobilitazione intellettuale e ideologico-politica.

Vorrei introdurre, seppur brevemente, i principi fondamentali della Gineologia, che il movimento kurdo delle donne offre al movimento delle donne nel mondo.

La Gineologia è descritta dalla lotta di liberazione delle donne kurde come la “creazione di un paradigma delle donne”. Questa posizione rappresenta una nuova fase dal punto di vista del movimento delle donne kurde. Continue reading

Sulla cultura dello stupro – Parte prima

Benché la cultura dello stupro sia ancora dominante, se ne parla ormai poco, soprattutto quando riguarda l’Occidente neoliberista.

Sono convinta che una prospettiva postvittimistica non trovi gambe per camminare se non rimette all’ordine del giorno l’analisi e la lotta contro questa cultura, a cui ci siamo talmente assuefatte da diventare, sempre più spesso, incapaci di riconoscerla nel nostro quotidiano.

Ho, così, deciso di cominciare a ripubblicare alcuni interventi di altre donne da cui chi vorrà potrà trarre spunti per analisi e – auspico – conseguenti pratiche.

Poco mi importa che si condividano al 100% questi interventi: il criterio in base al quale li ho scelti non è la corrispondenza col mio pensiero quanto, invece, il fatto che problematizzino il nodo in questione senza inutili dogmatismi o facili ricettucole trionfalistiche che non porterebbero da nessuna parte.

Mi auguro che questa prima ripubblicazione, a cui ne seguiranno altre, ci stimoli a recuperare le tracce di una memoria perduta, per scardinare le “cause che hanno portato gran parte del movimento delle donne su posizionamenti vittimistici facendo perdere quello slancio e quella radicalità che aveva negli anni ’70 […] alimentando un approccio “consumistico” della politica, del tipo usa-e-getta, che rende difficoltosa la continuità di un percorso politico collettivo” (Domande, riflessioni e spunti su etica, pratiche e orizzonti di liberazione, in dakobaneanoi).

Per cominciare, ho scelto un intervento di Mariella Bettarini e uno di Alyn Pearson, di cui potete fare il download cliccando sui nomi.

Dedico questo inizio di percorso alle due giovani donne indiane che il criminale e tutto maschile consiglio di villaggio aveva condannato allo stupro – fortunatamente senza riuscirci! – per riparare al gesto con cui il fratello aveva rotto la rigida gerarchia di caste.
La loro vicenda non riguarda soltanto un altro continente e dovrebbe sollecitarci a riconoscere e combattere la cultura dello stupro nelle sue declinazioni e dissimulazioni, oggi e qui.

Buona lettura!

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