Il femminicidio non è un’attrazione turistica!

Ad East London le donne protestano contro il museo dedicato a Jack lo squartatore

LONDRA – Ad East London, luogo di una lunga storia di lotta delle donne, le donne hanno protestato contro l’apertura di un museo dedicato al killer femminicida Jack lo squartatore.

Le donne chiedono che il museo dedicato alla vita del famigerato assassino del XIX secolo, Jack lo squartatore, sia trasformato nel museo di storia delle donne che era stato loro promesso.

Nell’ottobre del 2014, il municipio di Tower Hamlets aveva approvato la richiesta di un museo dedicato alla storia e alla lotta delle donne nell’East End di Londra. La richiesta riguardava famosi episodi di resistenza delle donne della zona, quali lo sciopero del 1888 delle Matchwomen, e assicurava che avrebbe colmato il vuoto lasciato dalla chiusura di Biblioteca delle Donne a Whitechapel. Invece le donne sono rimaste scioccate nello scoprire che il museo non sarebbe stato dedicato alla storia delle donne, ma alla storia del killer femminicida Jack lo squartatore.

Ieri sera, le donne di Londra (tra cui sindacaliste e storiche), hanno protestato contro il museo, che aprirà oggi. Le donne hanno chiesto che il museo venisse chiuso e che al suo posto venisse aperto il promesso museo di storia delle donne. Alla fine della loro azione di protesta, le donne hanno lasciato dei cartelli per denunciare la glorificazione della violenza maschile nel contesto degli attuali omicidi di donne nel Regno Unito.

«East London ha una fiera tradizione di donne che si battono per il cambiamento sociale, dalle suffragette alle scioperanti di Dagenham per la parità dei salari», ha detto Jemima Broadbridge, una di quelle che si battono per il museo delle donne, parlando all’East London Advertiser. «Ma queste donne e il loro potente contributo sono stati vergognosamente trascurati e travisati da un museo che si propone di presentare le donne solo come vittime del serial killer più famoso di East London».

[traduzione mia da JINHA]

Leggi anche l’articolo, corredato di immagini, sull’East London Advertiser

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