I wish you a merry gender…

Ancora non si chetano i tromboni antigender. Si tratta semplicemente di propaganda elettorale o sotto sotto c’è dell’altro?
Un interessante intervento di Paola di Cori – che ringrazio sentitamente – fa il punto della situazione.
registro elettronicoNel pubblicarlo, vi affianco due piccoli ma significativi esempi che ci fanno capire quanto gli ambiti educativi siano, ancora oggi, intrisi di stereotipi di genere e quanto sia il lavoro ancora da fare – a partire dal dato che in ogni ordine di studi ancora sia dominante l’uso del neutro maschile “uomo” per riferirsi all’intero genere umano.
La prima immagine (qui accanto) è tratta dal registro elettronico che, adottato ormai in gran parte delle scuole, ripropone il rosa e l’azzurro accanto ai nomi delle/degli studenti.
Le altre due  immagini, invece, sono tratte da un libro di seconda elementare. Si tratta di un “compito” differenziato: i bimbi dovevano rispondere alle domande riguardanti le bambine, e viceversa. E, nel farlo, si rafforzano i peggiori stereotipi.
Non credo ci sia bisogno di ulteriori commenti..

(cliccate sulle immagini per ingrandirle)

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Teoria del gender? Vaniloqui e tanta politica
di Paola di Cori

Lo schermo gigantesco al centro del quale nelle ultime settimane si staglia luminosamente scintillante la parola gender, talvolta accompagnata dalla più enigmatica teoria, con il rumoroso seguito di equivoci e strumentali deformazioni, suscita un insieme di stati d’animo contrastanti: dalla rabbia all’indignazione, dal sarcasmo al desiderio di coprirsi occhi e orecchie e rifugiarsi su un’isola deserta. Da un lato sembra di ritrovarsi a dire e scrivere cose appartenenti a un passato che si pensava sepolto da tempo; dall’altro, si ha l’impressione di non potersi sottrarre al dovere di contrastare la malafede di politicanti rozzi e manipolatori, lo zelo neomedievale di religiosi ultraconservatori, l’armata bianca delle associazioni pro-vita e pro- famiglie, i raduni e convegni in nome di una supposta superiorità dell’”ordine naturale” che regge il credo oscurantista omofobo e razzista.
Ancora una volta, tuttavia, si sbaglierebbe a pensare che assistiamo all’ennesimo edificante filmino illuminista: alcune forze esibiscono orgogliosamente il vessillo della ragione e del progresso spostando la società in avanti, mentre affrontano con indomita determinazione le armate di lumpen culturali e sottosviluppati della mente che la spingono indietro in senso contrario. Non è la battaglia per il divorzio. Alcune perle raccolte nelle settimane scorse: Andrea Caroppo, capogruppo di Forza Italia alla regione Puglia, che interviene contro il governatore Emiliano: “… favorevole a che nelle scuole pugliesi ai piccolissimi vengano sottoposti libri in cui il principe azzurro rifiuta Cenerentola per un uomo; il brutto anatroccolo scopre di essere una femminuccia; due pinguini innamorati si innamorano in uno zoo”. Il senatore Giovanardi dichiara inorridito: “no al gender e alla cannabis”; rincara la dose il cardinale della Guinea Sarah: ”Ideologia del gender e Isis sono come le bestie dell’Apocalisse”. A nessuno dei tre interessa capire meglio cosa significa ‘gender’, ancor meno approfondirne risvolti teorici e provenienze storiche. Quanto a noi, per qualche ragione non riusciamo a immaginarli mentre cercano di decifrare pensosi un saggio di Judith Butler o di Rosi Braidotti, o sottolineano alcuni passi da Simone de Beauvoir. Il quadro generale sulla questione è confuso perché si gioca con parole dette a vanvera che ciascuno maneggia a seconda delle circostanze in un vuoto totale di conoscenze di base; una babelica tenzone che ogni tentativo di spiegare cosa potrebbe significare ‘teoria del gender’, chiarire che spesso si tratta di formule inventate lì per lì a scopi politici ed elettorali, non basta certo a placare. Un po’ come gli sforzi pochi anni fa per far capire a Mariastella Gelmini che non era stato scavato nessun tunnel tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso, e i neutrini non viaggiavano ad altissima velocità come su un treno super rapido.

Il fatto è che a fermare l’ondata omofoba e antifemminista non servono né libri o articoli di analisi intelligenti, né il buonsenso. E’ poco utile contrapporre argomentazioni colte e ragionevoli agli eccessi verbali insensati. L’invenzione della ‘teoria del gender’ è in realtà un assaggio della potenza offensiva del nuovo esercito crociato; dietro di esso marcia la reazione oscurantista vaticana e non solo: il nemico vero sono il femminismo e i movimenti LBGCQ; e insieme a loro alcune conquiste fondamentali degli ultimi decenni: la scelta di non esser madri, di uomini che sposano altri uomini, di donne che non desiderano un figlio e decidono di abortire, di coppie omosessuali che vogliono adottare bambini, di chi fa l’opzione di cambiare il sesso che gli/le è stato assegnato alla nascita o propende per la fecondazione eterologa; di coloro che, convivendo con qualcuna/o del proprio o di diverso sesso, vorrebbero usufruire degli stessi diritti di quelli che sono sposati regolarmente, ecc. La gender theory serve da pretesto. I suoi zotici inventori non ne sanno niente né vogliono sapere alcunché del dibattito e degli studi che da decenni in tutto il mondo discutono sulla categoria di ‘genere’ e la sua non coincidenza con il sesso biologico; sui rapporti tra genere, potere politico e formazioni economico-sociali.

Bisogna però dire che anche tra le femministe colte, le giornaliste e le studiose, le accademiche di diverse generazioni, non esiste consenso o fronte comune, né tra loro (noi) c’è mai stato un accordo su cosa e come intendere le identità sessuali. A lungo, infatti, dagli anni ’80 in poi, sulla complessità della categoria di genere e la difficile traducibilità della parola inglese in altre lingue, sono state in molte a storcere il naso e a fare finta che si trattava di americanate filosofeggianti, condite di poco comprensibili linguisterie francesi, estranee alle tradizioni teoriche, pratiche politiche, specificità disciplinari diffuse in Italia. Lo stato marginale e incerto degli studi di genere delle nostre università ha reso inoltre difficile ricostruire il dibattito e le sue tante ramificazioni a beneficio delle donne più giovani, le quali hanno dovuto andare all’estero per venire a capo di come si studiano questi problemi in altri paesi. La voce di ricercatrici femministe più giovani e indipendenti è purtroppo ancora troppo flebile.

Il problema è proprio questo. Come riassumere in poche battute la eterogeneità e ampiezza di significati che ormai caratterizza la storia e i successivi sviluppi teorici addensati intorno alla parola/categoria famosa; la quale – fin dalla pubblicazione del saggio di Joan Scott nel 1986 – conta ormai su decenni di studi, di pratiche didattiche e politiche in tutto il mondo. Gender è poi dotato di straordinaria capacità prensile e ostenta una istintiva propensione a fagocitare significati anche opposti. Tra i nostri rozzi tonitruanti, per esempio, spesso significa molte cose diverse – insieme e allo stesso tempo: “preferenza sessuale”, “differenze tra i sessi”, “pratiche sessuali omosessuali”, “perversioni sessuali”. Gender sembra possedere virtù quasi miracolose; per esempio quella di riuscire con una sola parola a rendere chiari e trasparenti concetti enigmatici (“cos’è la femminilità”, “cos’è l’identità sessuale”, “cos’è il desiderio sessuale”, “quali sono le pratiche depravate di lesbiche, gay e transessuali e perché occorre condannarle”), cui l’inglese conferisce una patina di credibilità ancor maggiore. La lingua straniera rafforza l’idea che il nemico è alle porte e bisogna tornare all’italiano; o meglio, a un sano dialetto locale, magari condito con pancetta e parmigiano.

Splende in questa immaginaria lotta tra il bene e il male un’idea martellante che la fantasiosa ‘teoria del gender’ sembra concentrare poderosamente su di sé : la natura stessa è in pericolo. Per salvarla, va protetta l’innocenza dei bambini e salvaguardata la sacralità del matrimonio eterosessuale. L’eterosessualità rimane l’unica modalità ammissibile per esprimere la propria preferenza sessuale. Tutto il resto – buona parte dei milioni di cittadini e cittadine che non sono eterosessuali – andrebbe almeno nascosto alla vista, silenziato; forse penalizzato con fermi domiciliari, tasse speciali, sequestro di beni? Perché no?

Inoltre, ciò che sembra emergere nella odierna fantasmagoria verbale di tanti cardinali e assessori di destra e di sinistra, è una situazione da blocchi contrapposti, con uso massiccio di odiosi stereotipi razzisti, che ricorda almeno quattro importanti momenti di grave conflitto ideologico e istituzionale nell’ultimo secolo e mezzo: 1) le crociate antisuffragiste dalla metà dell’800 in avanti per impedire la concessione del voto alle donne – e giù una pioggia di storielle e disegni misogini sulle fisionomie delle donne che ottenendo il voto si sarebbero mascolinizzate, mentre il focolare domestico e i figli sprofondavano nell’abbandono; 2) l’antisemitismo, con la sistematica diffusione di caricature oltraggiose e offensive, antiche accuse di deicidio e altri supposti crimini commessi dagli israeliti, insieme alla produzione di abbondanti falsi storici, culminato negli anni Trenta con la criminale campagna nazista per lo sterminio degli ebrei nel mondo; 3) il razzismo e l’odio contro gli afroamericani, gli esseri umani di colore in genere, gli stranieri, l’esaltazione della supremazia dell’uomo bianco; 4) il creazionismo e la battaglia per impedire l’insegnamento dei principi dell’evoluzionismo darwiniano, particolarmente accanita negli Stati Uniti, dove – secondo un sondaggio Gallup del 2014 – il 42 per cento dei nordamericani sostiene che la terra e gli esseri umani sono il prodotto di un atto di origine divina.

In tutti e quattro questi casi si fa ampio uso di alcuni accorgimenti abbondantemente utilizzati fin dall’antichità: la rappresentazione deformata delle fisionomie e dei tratti fisici dei presunti avversari attraverso caricature grafiche e verbali; l’accusa di voler alterare il supposto ordine naturale basato su una lettura schematica ed elementare della Bibbia; l’applicazione di leggi e norme discriminanti e antiegualitarie contro l’avanzare degli eccessivi sconvolgimenti nelle gerarchie stabilite accaduti negli ultimi anni.

Non si capisce come mai tutte queste brave persone – credenti, religiosi, politici di ogni schieramento, giornalisti e opinionisti vari, che pur non capendone nulla inveiscono contro la ‘teoria del gender’, le sue oscenità, i comportamenti perversi che una sua ampia diffusione provocherebbe sull’infanzia – non chiedono l’oscuramento delle reti televisive quando le notizie trasmesse riguardano crimini violenti, stupri, uccisioni sanguinose tra vicini in piccoli paesi di provincia? Come mai non hanno protestato per le fotografie e articoli distribuiti e trasmessi su tutti i canali televisivi pubblici e privati, nazionali e non, dalle reti sociali, da quotidiani e settimanali di tutto il mondo, che illustravano il coming out del cardinale Charamsa, mentre abbraccia e poi sorridente posa teneramente la testa sulla spalla del compagno Thomas? Perché non impediscono la proiezione giornaliera, dei telefilm violenti, dei reality, delle ricostruzioni in studio, basati su ampie casistiche delle deviazioni sessuali che mostrano una serie all’apparenza sconfinata di aberrazioni di varia natura, proiettati soprattutto dalle reti Mediaset (penso a “Law and Order. Vittime Speciali”, in onda tutti i giorni su Top Crime; alle serie su GialloTv)? Cosa rispondono quando i loro bambini più piccoli, ascoltando notiziari e telegiornali, chiedono spiegazioni sugli abbracci tra un cardinale e un altro uomo, o di frasi come: “Francesco riceve un trans”, “denunciati preti pedofili”, “lobby gay in Vaticano”? Può la presunta ‘teoria del gender’ essere accusata di tutto questo? Magari!

L’antifemminismo e l’omofobia, l’ignoranza e le discriminazioni, devono – per i nuovi crociati – essere i criteri-guida dei progetti di legge su famiglia e fecondazione, dei contenuti prevalenti sui manuali scolastici, delle illustrazioni diffuse su media e reti sociali. Sono queste, più dei gruppi di marginali immigrati, le pericolose e insospettabili cellule dormienti del terrorismo verbale, legislativo e politico che si annidano numerose tra di noi.