Svastica verde

vento_legaHo preso in prestito il titolo di un interessante libro di W. Peruzzi e G. Paciucci, pubblicato nel 2011, per dare il titolo a questo post, dedicato al fascioleghismo.

Non mi interessa soffermarmi sulle analisi dei recenti risultati elettorali quanto, invece, fare qualche passo indietro nel tempo. Non solo per mostrare come tutto fosse già chiaro da anni, ma soprattutto per svelare il vero volto di questa gentaglia (e di chi l’ha votata), che ora verrà malamente dissimulato sotto vesti democratico-istituzionali.

Vi invito a leggere Il partito delle fobie, un mio breve intervento pubblicato nel 2011 all’interno dell’opuscolo Lega: se la conosci la eviti, se la capisci la combatti, a cura del Comitato della Festa popolare antileghista.

E vi invito anche a guardare questo breve ma significativo video del 2009, citato in quel mio intervento. Dopo di che, anche le anime belle e le prefiche della non violenza non avranno più peri da cui cadere né specchi su cui arrampicarsi. Scelgano, dunque, da che parte stare!

Per altro, tutti i bei discorsi sincerodemocratico-borghesucci sulla libertà di espressione mostrano oggi – se ce ne fosse ancora bisogno – la loro ipocrita complicità.

La violenza è monopolio dello Stato,  si sono premurati di ribadire i tutori dell’ordine ai senegalesi scesi in piazza a Firenze, da una parte dicendo loro, paternalisticamente ,”Non usate la violenza, ragionate” (da che pulpito!!!!) e dall’altra caricando il presidio sul ponte Vespucci.

La violenza è monopolio dello Stato, aveva già ribadito la – finalmente ex –  ministra Fedeli avviando come suo ultimo, sciagurato, atto la pratica di licenziamento per Lavinia Flavia Cassaro, maestra antifascista di Torino, «in considerazione della gravità della condotta tenuta dalla docente che, seppure non avvenuta all’interno dell’istituzione scolastica, contrasta in maniera evidente con i doveri inerenti la funzione educativa e arreca grave pregiudizio alla scuola, agli alunni, alle famiglie e all’immagine stessa della pubblica amministrazione» [testuale!].

Se la violenza è monopolio dello Stato, dunque è monopolio di chi governa la “cosa pubblica”. Da Kossiga a Maroni a Minniti – solo per nominarne alcuni – ne abbiamo avute ampie dimostrazioni per decenni. Agli apparati militari si affiancano ormai apertamente quelli paramilitari. Prepariamoci ad una nuova e vera resistenza!

 

Perché?!?

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Salvatore Carbone, Nuovo Ordine Mondiale (2001)

Prima è morta Cinzia, poi sono morti Piero e Paola; era lo scorso gennaio.
E questa mattina se n’è andata anche Rosa, compagna milanese del collettivo Ri/belle, a cui ero molto legata.
La morte è devastante per chi resta: forte è il senso di ingiustizia che porta con sé.
Rimane sempre un doloroso Perché?!? a cui è impossibile rispondere.

Sono vicina alle compagne e ai compagni della Panetteria occupata di Milano, che oggi piangono la perdita di Rosa, e sono vicina anche alle donne e agli uomini del Senegal che piangono la morte violenta inferta ieri da uno schifoso italiano a Idy “il saggio”, loro fratello e amico.

Di fronte a tanto dolore e alla giusta rabbia che da ieri la comunità senegalese sta esprimendo, avrebbe fatto bene a ritirarsi in un rispettoso silenzio il sindaco di Firenze, vergognosamente più preoccupato da quattro vasi rotti nella sua città-vetrina che dall’ennesimo atto di violenza razzista avvenuto un mese dopo la tentata strage fascista di Macerata e sette anni dopo la terribile mattanza fascista che proprio a Firenze costò la vita ad altri due senegalesi, Samb e Diop.

Dedico a Cinzia, Piero, Paola, Rosa e Idy un poesia che Luciano Parinetto scrisse pochi mesi prima della sua morte.
Non dimenticherò mai il giorno in cui me la fece leggere, sdraiato nel letto d’ospedale e profondamente consapevole che nemmeno a lui sarebbe toccato il privilegio di andarsene sazio di giorni, in questa mortifera, classista e suprematista società del kapitale – che ammazza col cancro quando non ammazza con l’odio…

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Sincerità dell’immondizia…

melma[…] una fogna è un cinico, che svela ogni cosa.
Questa sincerità dell’immondizia ci piace e riposa l’anima: quando si è trascorso il tempo a subire sulla terra lo spettacolo delle arie che si danno la ragion di stato, il giuramento, la saggezza politica, la giustizia umana, le onestà professionali, l’austerità di certe posizioni, gli abiti incorruttibili, solleva entrare in una fogna e vedere della melma che ammette di esserlo. […] (V. Hugo)

Nessuna sintesi potrebbe essere più efficace per esprimere ciò che penso dei comunicati intrisi di calunnie che attaccano iniziative contro la violenza di genere, di chi si sta anchilosando le dita su tastiere e con tweet per spammare al mondo quelle calunnie, delle maestrine che pensano di doverci spiegare come si faccia un’assemblea (senza nemmeno informarsi se si tratti o meno di un’assemblea) e delle maestrine che si ritengono detentrici uniche dei saperi femministi e poi appoggiano piani antiviolenza (sedicenti “femministi”) che ancora una volta non tengono conto né delle pratiche di autodifesa femminista contro la delega della propria sicurezza allo Stato, né della necessità di sostenere le donne che finiscono in carcere per aver reagito alla violenza maschile.

Che ciascuna/o intraprenda la strada che vuole, ma facciamola finita con lotte di egemonia  il cui unico effetto è rafforzare il patriarcato e il crescente fascismo.

Nel blog della Coordinamenta potete leggere la lettera delle compagne che hanno organizzato l’iniziativa del 19 gennaio prossimo a Parma, il comunicato di Parmantifascista in relazione allo stesso evento, il mio comunicato e quello della Coordinamenta in risposta al testo divulgato dalla rete #iostoconclaudia.

Detto ciò, non ho intenzione di perdere altro tempo su questa infame vicenda.

“Non si tratta di disseppellire i morti…”

Non si tratta di disseppellire i morti ma di impedire ai vivi di farsi complici di un nuovo delitto, combattendo tempestivamente il pericolo che per tanti segni si annunzia. Così si conclude la lezione sulla marcia su Roma che lo storico Nino Valeri tenne a Milano nel febbraio del 1961.

Parole attuali nel giorno in cui Joanne Liu di MSF conferma ciò che, già anni fa, testimoniavano coloro che concretamente lottavano contro le criminali politiche di chiusura delle frontiere e i Cpt/Cie, cioè i lager della democrazia – che oggi si celano sotto la formula magica di “accoglienza diffusa”.
Per rinfrescare la memoria sui rapporti e gli intrallazzi tra Italia e Libia ecco qui i pannelli di una mostra di alcuni anni fa: 1, 2, 3, 4, 5.

Visto che la memoria scarseggia e la storia pare non insegnare nulla – e, soprattutto, visto che la mentalità fascista è sempre più diffusa e sdoganata – davanti all’ennesima provocazione pubblicitaria della solita canaglia nera credo faccia bene ricordare come nacque la marcia su Roma. Per questo vi invito a leggere, qui, il bell’intervento di Valeri, pur scusandomi per la scarsa qualità della scansione (da fotocopie…).

Prossimamente proporrò un po’ di memoria sul culto (fallico) fascista del manganello, che preannuncio con questa significativa Madonna cattofascista – la Madonna del manganello, appunto!

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Violenza di genere e femminicidi politici

La violenza di genere ha sempre una valenza politica, dal mio punto di vista, poiché è uno strumento utilizzato per perpetuare il secolare dominio del genere maschile sulle donne. Poco conta se questo uso sia sempre consapevole o sia frutto di una mentalità che inferiorizza le donne fino a renderle proprietà maschile, dunque schiave dell’uomo. È un dato di fatto storicizzabile, da combattere alla radice.

Esiste, poi, un uso politico della violenza di genere e del femminicidio, il cui obiettivo non è ‘solo’ quello di terrorizzare le donne per mantenerle in condizione di schiavitù, ma anche quello di terrorizzare un’intera popolazione. Generalmente questo secondo aspetto va di pari passo con la guerra.
Nella storia se ne possono rintracciare innumerevoli casi; il più recente è quello della guerra che il governo di Erdogan sta portando avanti, con rinnovata ferocia, nei confronti della popolazione kurda.

Ciò che è avvenuto a Colonia e in altre città a capodanno è terribile, senza dubbio. E non deve stupire che la mentalità patriarcale faccia uso anche dei social network per organizzare violenze di massa. O continuiamo a pensare, stupidamente, che il patriarcato abbia a che vedere con il feudalesimo e nulla abbia a che fare con la modernità e le sue tecnologie?

Ricordiamo bene le aggressioni sessuali di gruppo in piazza Tahrir, al Cairo, quando orde di maschi circondavano le donne, le molestavano e le stupravano per ‘punirle’ della libertà che si erano prese scendendo in piazza a protestare. Ma dovremmo anche ricordare bene  come, nell’arco di breve tempo, si organizzarono i gruppi di difesa e autodifesa delle donne.
E così anche in India, e in tante altre parti del mondo. Continue reading

Ellerinde Pankartlar

Abbiamo stampate negli occhi le immagini di donne e uomini che stanno cantando e ballando ad Ankara quando all’improvviso c’è la prima esplosione di questa ennesima strage di Stato in Turchia, di cui una genalogia si può leggere qui.

I manifestanti cantavano e ballavano Ellerinde Pankartlar, del famoso autore Ruhi Su, composta per commemorare le sanguinose celebrazioni del 1 maggio 1977 a Piazza Taksim, quando cecchini appartenenti all’estrema destra turca, in collaborazione con i servizi segreti, iniziarono a sparare sulla folla raccolta nella piazza. Almeno 37 persone vennero uccise ed oltre 200 ferite. Il Primo maggio 1977 fu un bagno di sangue che preannunciava il golpe del 1980.

Leggi il racconto che ne fa Sakine Cansiz – all’epoca incarcerata – nel suo libro Tutta la mia vita è stata una lotta.

Nel video circolato sabato scorso, quando la prima bomba esplode il gruppo sta per pronunciare la famosa strofa “questa piazza, la piazza di sangue”…

Erdogan assassino!
Biji Kurdistan!

1 maggio 1977, Istanbul

1 maggio 1977, Istanbul

10 ottobre 2015

10 ottobre 2015, Ankara

Con le bandiere in mano
Questi giovani, se ne vanno
Alzatevi in piedi, resistete
Questi giovani se ne vanno

Questa domenica, la domenica di sangue
affligge l’ingiustizia, fornisce il rimedio
Alzatevi in piedi, resistete
Questi giovani se ne vanno

Questa piazza, la piazza di sangue
La freccia è scoccata dall’arco
Alzatevi in piedi, resistete
Noi dalla città, voi dal villaggio

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Contro il genocidio di Erdogan, per la liberazione delle donne e l’autodeterminazione dei popoli

Le donne di Bakûr (Nord Kurdistan) in testa alla carovana per Cizre. Foto dalla pagina facebook di Dilar Dirik

Le donne di Bakûr (Nord Kurdistan) in testa alla carovana per Cizre. Foto dalla pagina facebook di Dilar Dirk

 

 

 

 

 

 

 

 
 

Comunicato per uno spezzone femminista alla manifestazione di Milano del 14 settembre, dal blog dakobaneanoi

EKIN WAN È ANCHE LA NOSTRA RESISTENZA NUDA!
Scendiamo in piazza contro le politiche genocide di Erdogan e dello Stato turco

Contro tutti i patriarcati di Oriente e Occidente

Per la liberazione delle donne e l’autodeterminazione dei popoli

Lo scorso agosto le forze di sicurezza turche hanno spogliato, trascinato per strada legato ad una corda e poi abbandonato nella piazza del paese il cadavere della guerrigliera kurda Kevser Eltürk (nome di battaglia Ekin Wan), facendo successivamente circolare l’immagine sui social network.

Non si è trattato di un deliberato atto sadico, ma di un avvertimento mafioso alla popolazione kurda: tutti e tutte farete questa fine, se non ve ne state buoni e zitti.

Il colonialismo si è sempre servito del dominio sui corpi delle donne esibiti come metafora del proprio dominio sui territori colonizzati.

E così Erdogan ha voluto ribadire il dominio neocoloniale sulla popolazione kurda, mentre il suo partito (AKP) stava creando le premesse per un colpo di stato, dopo aver perso la maggioranza assoluta alle scorse elezioni. Continue reading

Apriamo gli occhi, fermiamo il colpo di stato di Erdogan!

In Turchia il partito di Erdogan (AKP) ha creato tutte le premesse per un colpo di stato, dopo aver perso la maggioranza assoluta alle scorse elezioni.

I giornali italiani non ne parlano o ne parlano in modo pilotato.
Non c’è da sorprendersi, ma nemmeno c’è da restare con le mani in mano.

Va letta in questa chiave la strage di Suruc, al confine con la Siria, dove lo scorso 21 luglio sono state massacrate decine di giovani che si erano trovati lì per andare a Kobane con progetti solidali.
Quella strage è stato il pretesto per riprendere la guerra contro il PKK (che, lo ricordo, nell’agosto 2014 ha aiutato la popolazione yezida a fuggire dal massacro di Shengal, mentre i peshmerga se l’erano data a gambe davanti a ISIS) e contro tutta la popolazione kurda e le altre minoranze.

Non è vero che la Turchia sta combattendo contro ISIS: ne è, invece, complice, come è stato più volte dimostrato da filmati e confermato dai mercenari di ISIS catturati dalle Unità di (auto)difesa delle donne e della popolazione (YPJ/YPG) che combattono in Rojava (nord della Siria).

Intere zone del Kurdistan del nord (in Turchia) sono state militarizzate, in più di 100 aree è stato imposto imposto il coprifuoco, i cecchini sparano sulla popolazione civile, i militari impediscono l’ingresso delle ambulanze e del personale sanitario nei quartieri e così i feriti e gli ammalati muoiono, mentre le donne sono costrette a partorire in situazioni estreme; vengono impediti perfino  i funerali, per cui le famiglie stanno cercando di ritardare la decomposizione dei loro cari, uccisi dai cecchini e dalle forze speciali, con bottiglie di acqua ghiacciata.

Ci sono città isolate da giorni, come Cizre, dove ormai si è perso il conto delle vittime civili, tra cui bambini e bambine. Una carovana sta cercando di raggiungere a piedi la città, ma i militari lo stanno impedendo con blocchi e cariche ripetute – malgrado sia composta anche da parlamentari dell’HDP – seguendo gli ordini del ministero dell’Interno.

Negli ultimi giorni i fascisti ultranazionalisti hanno moltiplicato le aggressioni contro la popolazione kurda in tutta la Turchia; sono in atto linciaggi; case e negozi di kurdi, armeni e aleviti vengono dati alle fiamme; più di 300 sedi del partito filo-kurdo sono state incendiate sotto lo sguardo compiacente della polizia.

In tutte le zone la popolazione curda ha organizzato la propria autodifesa, ma le azioni militari la stanno stremando.

Nei prossimi giorni una carovana internazionale si ritroverà a Suruc per cercare di aprire un corridoio per gli aiuti umanitari per Kobane alla frontiera tra Turchia e Siria – una frontiera dove quotidianamente i militari stuprano, torturano, ammazzano chi cerca di passare.

La famiglia di Aylan, il bimbo che il mare ha riportato sulle sponde turche e che ha tanto toccato (spesso ipocritamente) i cuori di mezzo mondo, veniva proprio da Kobane.

Della sua tragica storia hanno parlato tutti i giornali, ma chi parlerà della bimba di 10 anni che questa mattina a Cizre è stata ammazzata dai cecchini mentre, a mani alzate, correva verso il cadavere del padre – ennesima vittima civile – ucciso poco prima dai militari?

Non sto esagerando: questo è ciò che sta accadendo in Turchia. Continue reading