Dedicato a Sylvia Rivera e alla bottiglia che lanciò

Sylvia Rivera

Come è noto, una recentissima sentenza della Corte suprema statunitense ha reso illegale l’interruzione di gravidanza, rendendo ancora più difficile la vita delle donne in quella che continuano a spacciare come ‘patria dei diritti’ – malgrado si sia poco-niente evoluta dalla mentalità da Far West su cui è stata fondata, sterminando la popolazione nativa o relegandola nelle riserve.

I peggiori guerrafondai sono immancabilmente proprio quelli che si sbracciano contro le donne che abortiscono. Si chiama difesa ipocrita della vita.
Verrebbe da pensare che ritengano le donne delle mere incubatrici-riproduttrici da sfruttare in base alle esigenze del capitale e della propagazione della ‘razza bianca’, in particolare se si tiene conto delle campagne statunitensi per la sterilizzazione forzata del secolo scorso e di quelle ancora in atto oggi in quei territori…

Per parlare di difesa ipocrita della vita, per altro, non c’è bisogno di andare Oltreoceano: l’altra sedicente ’patria dei diritti’, l’Europa, non è da meno.
Che dire della Polonia, oggi più guerrafondaia&antiabortista che mai? O della stessa Italia che pullula di obiettori negli ospedali, che ha imposto ‘per il nostro bene’ sieri sperimentali i cui effetti deleteri emergono di giorno in giorno con sempre maggiore chiarezza e che si affanna ad alimentare una guerra dopo l’altra?

Inutile dilungarsi con altri esempi: basta guardarsi intorno o informarsi un po’ per trovarne a iosa.

Mi preme, invece, rilevare come sia sempre più ricorrente l’espressione (terribile quanto assurda) “diritto di aborto”, che da una parte dissimula l’incapacità maschile di praticare una sessualità non riproduttiva/penetrativa e dall’altra impone di leggere le contraddizioni del reale in un’ottica meramente dirittista, quindi delegando tutto allo Stato e ai suoi apparati e sottraendo, nei fatti, ogni spazio all’autodeterminazione e a chi la pratica veramente.

La mentalità dirittista è ormai talmente pervasiva che può capitare di leggere nella piattaforma di un Pride X in una città X, «Vogliamo una nuova legge sull’autodeterminazione di genere sulla base del “consenso informato”».

Essendo una ‘ragazza’ dello scorso millennio, nella mia testa autodeterminazione e legge sono categorie opposte.
Si è forse ormai persa ogni capacità logica al punto che l’autodeterminazione vien fatta coincidere con la sovradeterminazione?

In questo mio sito, così come nei miei testi, ho abbondantemente scritto di autodeterminazione, quindi non mi dilungo neppure su questo punto e mi limito a segnalare, tra i tanti, il post Come uno zoccolo negli ingranaggi del patriarcato.

Decenni dopo la rivolta di Stonewall, di cui questa notte ricorre l’anniversario, la deleteria mescolanza di perbenismo borghese e postmodernismo hanno smantellato le istanze di rabbia e autodeterminazione espresse in quella e altre rivolte, addomesticandole per misere carrierucole di politicanti o per altrettanto misere rivendicazioni ‘dalla base’ – una base per altro senza base se pensiamo, ad esempio, alle rivendicazioni contro razzismo e abilismo in cortei dove sfido chiunque a trovare immigrati/e o disabili.
Come scriveva Luciano Parinetto, «Il riconoscimento alienato è la perdita stessa dell’autenticità: di quel diverso che rendeva l’eros testimone di una radicale contestazione della atomizzazione consacrata dal capitale» (Faust e Marx, 1989).

La lotta contro pregiudizi e discriminazioni specifici agiti contro individualità e/o soggettività specifiche sta trasformandosi nell’ennesima notte in cui tutte le vacche sono nere, in cui tutto è indistinto, è – sartrianamente – una serie o, meglio, una serie di serie.

Capita quindi che qualcuno/a attinga dalla palude degli -ismi per accusare di abilismo chi ha scelto, ad esempio, di autodeterminarsi rispetto all’inoculazione di sieri sperimentali, sottraendosi alla pressante campagna vaccinale fino, magari, al punto di perdere il lavoro.

Così come l’autodeterminazione da pratica si rovescia in ‘diritto’ che deve essere concesso dall’alto, la difesa autentica della vita, rovesciandosi in difesa ipocrita della vita, può andare a braccetto con le logiche di guerra e con quelle di depredazione, sfruttamento e sterminio del vivente.
Senza contraddizione alcuna. Anzi: avanti a tutta dritta, verso la catastrofe!

Di emergenze, armi biologiche e altre amenità del presente

La notizia della scoperta di decine di laboratori per la guerra biologica in Ucraina aveva fatto immediatamente sorgere in me un’ovvia domanda: quanti altri laboratori di quel genere ci sono in Italia e nel mondo? E dove, di preciso?

Inutile cercare nel web le risposte perché non se ne trovano (segreto militare…).
Anzi, nel sito della Rappresentanza permanente d’Italia alle Nazioni unite troviamo affermazioni quali:
La Convenzione sulle armi biologiche (Convention on Biological Weapons – BWC) vieta lo sviluppo, la produzione e la detenzione di armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche (virus, batteri, microrganismi, spore, tossine) e impone la distruzione degli stock esistenti. Entrata in vigore nel marzo 1975, essa è il primo trattato multilaterale che vieta la produzione e l’utilizzo di un’intera categoria di armi. A oggi è stata ratificata da 183 Stati e firmata da altri 4
oppure
Per l’Italia, che considera la BWC uno strumento fondamentale per il divieto della produzione, sviluppo, acquisizione e utilizzo di agenti biologici e tossinici come armi di distruzione di massa, l’universalizzazione della Convenzione e il suo rafforzamento, soprattutto sul versante della sua applicazione da parte dei Paesi membri, costituiscono delle priorità
o, ancora,
Infine, l’Italia è particolarmente impegnata nell’assicurare un appropriato monitoraggio e valutazione degli sviluppi tecnologici e scientifici in campo biologico suscettibili di avere impatti negativi sull’attuazione della Convenzione.

Eppure se si scava un po’ a fondo, le cose non stanno proprio così. Anzi!
Senza farla lunga, vi invito caldamente ad ascoltare l’intervista a J. Tritto sulle “Chimere emergenti” pubblicata da Ovalmedia, che dà risposta a queste e a tante altre domande.

Ora diventa chiaro che l'”emergenza sanitaria”, inventata di punto in bianco col pretesto del covid-19, era in realtà una emergenza bellica.
D’altra parte lo ha dimostrato anche il susseguirsi di generali della Nato – Figliuolo prima e Petroni poi – alla carica di “Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 e per l’esecuzione della campagna vaccinale nazionale”.
Se di guerra si tratta ci vogliono i generali, mica i medici!

Alcuni giorni fa sono stata invitata da un gruppo di studenti contro il green pass per parlare del paradigma scientifico riduzionista, di cui qui potete ascoltare l’intervento iniziale (molte altre cose sono state dette nel corso del dibattito, non registrato).

Come sempre, quando ho spiegato che secondo me il problema non è tanto il green pass quanto lo stato d’emergenza di cui quel lasciapassare non è che un corollario come corollari ne sono stati il lockdown, il coprifuoco, la militarizzazione e tutte le altre vessazioni più o meno belliche cui siamo stati sottoposti per oltre due anni delle nostre preziose vite, ho notato degli sguardi perplessi. Ancor più perplessi nel momento in cui ho spiegato come, a mio parere, dietro le quinte ci sia sempre la guerra.

Eppure non un complottista-terrapiattista ma uno scienziato come Tritto ci spiega con dovizia di particolari, di fondo, la stessa cosa: tra guerra e pandemia non c’è soluzione di continuità. E, soprattutto, non è che l’inizio.

Non mi dilungo oltre.
Preferisco lasciare che ciascuno e ciascuna provi a ragionare – malgrado le torride giornate che l’incazzatissima natura ci sta ‘regalando’ a monito – su cosa significhi deterrenza batteriologica e che implicazioni abbia sulla nostra salute e sulla nostra esistenza nel suo complesso.
E, auspicabilmente, decida che è ora di mobilitarsi per l’uscita dell’Italia dalla Nato e dalla colonizzazione statunitense. E anche per lo scioglimento della Nato. Perché no?!

Quando la polvere ha il colore della morte…

Taranto

«Vedi quella polvere rossa? È diossina», dice C. indicandomi il guard-rail mentre passiamo in auto sotto quel mostro industriale che da decenni devasta la salute di chi vive a Taranto: l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.

Immediatamente penso al Vietnam, agli oltre 7 milioni di litri di Agent Orange copiosamente irrorati dall’esercito statunitense su foreste e giungla per stanare la resistenza dei Vietcong. Penso alle generazioni che, nei decenni, hanno pagato e continuano a pagare il prezzo di quella guerra (video 1 e 2).
Penso a Seveso, uno dei poli di produzione segreta di quella maledetta sostanza.

Vietnam

Sono a Taranto – nel “cuore della bestia” – proprio per un incontro pubblico sui nessi tra guerra, capitale e militarizzazione/devastazione della salute e dei territori.

Sono a Taranto e penso alla criminale ipocrisia di Draghi e della classe politica italiana che, dopo aver imposto alla popolazione di inocularsi dei sieri sperimentali “per la propria salute”, ha deciso di incrementare, raddoppiandola, la produzione dell’ex Ilva da 4 a 8 milioni di tonnellate.

Ne parliamo in cerchio: siamo tutte e tutti «esperti sulla propria pelle», come avrebbe detto Maccacaro (qui potete ascoltare le tre parti del mio intervento: 1, 2, 3).

Al termine della serata una compagna mi racconta del cancro incurabile di suo figlio diciottenne e mi racconta di tutti quelli che abitano “ai Tamburi”, proprio sotto le ciminiere del mostro, e che, malgrado tutto, non se ne vogliono andare da lì.

La guerra non è soltanto altrove. La guerra è anche qui, nel nostro quotidiano e nei nostri corpi, con la sua logica, il suo linguaggio e le sue produzioni di morte.

Essere antimilitarista significa lottare contro lo stato di cose presente, che è stato di guerra permanente, emergenza infinita, insaziabile fame di profitti, inarrestabile scia di morti.
Il resto sono parole al vento, quel vento che, come a Taranto, porta la morte nelle case e nelle strade…

Che due anni di pandelirio non finiscano nel dimenticatoio!

Il 23 e 24 aprile prossimi si terrà a Napoli il convegno autogestito Tutta un’altra storia. Un’occasione importante per ritrovarci e confrontarci e, soprattutto, perché non si perda la memoria della gestione autoritaria e delle vessazioni che hanno caratterizzato questi ultimi due anni.

Qui il programma e il testo dell’invito al dibattito.

Ecco a voi i destinatari delle armi occidentali!

In tempi non sospetti – era il lontano 2016 – quando tutti/e se ne fregavano altamente della pulizia etnica in atto nei territori della cosiddetta ‘Ucraina orientale’, Oliver Stone(*) ha ricostruito la storia dei nazisti e dei neonazisti ucraini. Vi invito caldamente a prendere visione del suo documentario Ukraine On Fire, perché è bene essere consapevoli che tra un po’ avremo a che fare con costoro e con i loro sodali da tutta Europa, armati fino ai denti dai governi occidentali.
E vedremo se, a quel punto, i negazionisti nostrani che oggi li comparano ai partigiani si decideranno a dissotterrare gli – ormai arrugginiti – sten.
Per altro, pare che anche Israele si stia facendo un paio di domande al riguardo…

Dopo aver guardato questo documentario, vi consiglio anche la visione della terza parte dell’intervista a J. Tritto (qui avevo pubblicato le precedenti due parti), per aver chiara la direzione verso cui ci stanno portando a grandi passi i nessi tra scienza, guerra e dominio del capitale.

In ultimo, per farvi riprendere respiro e voglia di lottare, vi invito a leggere un post degli studenti udinesi contro il green pass.
A me ha scaldato il cuore verificare che ci sono ancora giovani menti critiche e pensanti, malgrado il lavaggio del cervello propinato nei decenni recenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado!

(*) Dissuado pacifinti e femmifinte dal mandarmi commenti sulle recentissime dichiarazioni di O. Stone, perché questo non è un post su di lui ma sullo stato di cose esistenti.

Lo spettro di Seveso

Era il lontano 2007 quando, come collettivo Maistat@zitt@, organizzammo a Milano un incontro su produzioni di morte, nocività e difesa ipocrita della vita, a partire dal disastro avvenuto a Seveso poco più di trent’anni prima.

Rileggere i dispositivi autoritari con cui le istituzioni gestirono l'”emergenza diossina” a Seveso può fornirci degli strumenti utili per comprendere il presente e liberarci definitivamente dalla narrazione tossica che da due anni ci avvelena l’esistenza e ‘militarizza’ la nostra salute.

Per questo da alcune settimane ho cominciato a girare per l’Italia proponendo un percorso di riflessione su queste tematiche che ci aiuti a comprendere come differenti percezioni del rischio possano attivare strumenti di lotta e di autodeterminazione o, all’opposto, aprire la strada a soluzioni autoritarie.

Man mano che si definiscono aggiornerò qui i prossimi appuntamenti, ma intanto vi invito a leggere l’intramontabile (purtroppo!) Topo Seveso.

Appuntamenti: Roma – 5 marzo; Pisa – 13 marzo; Bologna – 18 marzo; Udine/Trieste – 19 e 20 marzo; Genova – 23 marzo; Busto Arsizio – 2 aprile; Parma – 6 maggio; Ravenna – 7 maggio (1 e 2); Trento – 8 maggio; Taranto – 21 maggio; Tradate – 3 giugno; ….

Seveso, 1976

Ma che vadano a zappare!

In vista del dibattito parlamentare che si è tenuto ieri sull’agricoltura biologica, alcuni giorni fa è apparso nel mainstream un articolo di Giorgio Parisi in cui le norme sull’agricoltura biodinamica sono definite “assurde e incostituzionali”.
Di articoli contro l’agricoltura biodinamica – accusata di “magia” o “stregoneria” – il mainstream abbonda, ma la furia di Parisi si è scatenata, in quell’articolo, anche contro le terapie antitumorali antroposofiche con il vischio (per altro vietate in Italia ma utilizzate con successo in altri paesi): «Come siamo arrivati a questo punto? Il nostro Parlamento ha una passione per le teorie di Steiner? Forse apprezza la teoria steineriana che i vaccini sono dannosi […] o la sua proposta di curare i tumori con il vischio?».

Non solo, come ho già avuto modo di spiegare, le terapie col vischio sono state fondamentali nel mio processo di guarigione, ma col mio orto posso anche confermare che il metodo biodinamico è efficacissimo.

Senza, evidentemente, avere alcuna informazione al riguardo e armato di arroganza scientista il suddetto ha dunque sferrato un attacco complessivo ad una visione del mondo e della salute che non può né deve passare inosservato.

Avrei lasciato volentieri scivolare via le parole di Parisi (in linea col Mattarella-pensiero!) se non avessi percepito nella sua talebana presa di posizione la volontà sempre più diffusa e marcata di imporre una monocoltura della mente: «Le monocolture della mente cancellano la percezione della diversità e la diversità stessa. […] Passare alla diversità come modo di pensare e come contesto in cui agire, libera una molteplicità di scelte», scrive Vandana Shiva (1).

Il vero obiettivo dell’attacco è proprio la volontà di stroncare alla radice ogni possibile molteplicità di scelte, come stiamo verificando più che mai da due anni a questa parte.
Non deve sorprendere se il giorno prima di stralciare la biodinamica dal testo di legge sull’agricoltura biologica la stessa Camera dei deputati ha approvato il DdL che introduce la tutela della biodiversità nella Costituzione – tanto in quella stessa Costituzione si afferma anche che l’Italia ripudia la guerra, no?
E se per i parlamentari la difesa della biodiversità corrisponde all’effettivo ripudio della guerra – considerato che il bilancio della Difesa prevede, per il 2022, circa 26 miliardi di euro – non dobbiamo sorprenderci se alla difesa ipocrita delle biodiversità corrisponde la sempre più feroce imposizione di una monocoltura della mente.

L’attacco è a 360 gradi e va ben oltre la questione vaccini: «Le monocolture si diffondono non perché permettono di produrre di più, ma perché permettono di controllare meglio» (1).
La volontà denigratoria – di Parisi come di altri/e – nei confronti della biodinamica non è che l’ennesimo tassello di un processo autoritario che mira ad annullare definitivamente chi/ciò che non intende allinearsi (o essere funzionale) al pensiero unico, cioè al neoliberismo.

A tutti e tutte costoro non posso che consigliare di andare a zappare, perché soltanto sperimentando dal vivo, anche coltivando un piccolo orto, si è poi in grado di discernere e di parlare in modo appropriato delle cose; tutto il resto è e rimane flatus vocis.

In ultimo, ci tengo molto a ricordare che tutto coloro che usano definire come “magia” certe pratiche e saperi, sono anche i primi che applaudono i bioprospettori inviati dalle multinazionali farmaceutiche in Amazzonia e altri luoghi remoti per saccheggiare le conoscenze tradizionali e tribali sulle erbe curative per poi isolarne i principi attivi e riprodurli sinteticamente in laboratorio ai fini del profitto.

Io sto dalla parte delle streghe! E voi?

Note: (1) V. Shiva, Monocolture della mente. Biodiversità, biotecnologia e agricoltura “scientifica”, Bollati Boringhieri 1995

Oltre la censura

Prima che l’autocensura Rai la faccia sparire anche da youtube, vi consiglio di guardare questa inchiesta. Nulla di soprendente per chi non ha mai creduto alla ‘Banda Bassetti’, ma in qualcun/a altro/a potrebbe suscitare un paio di dubbi…

Per chi poi volesse trovare seri studi scientifici sugli effetti collaterali dei sieri (chiamati furbescamente ‘vaccini’), segnalo questo canale Telegram: https://t.me/studiscientificivaccini

cov.it

Ho attraversato l’esperienza del covid.
A voler credere alla narrazione unica dominante, io dovrei essere in intensiva, se non già in una bara, in quanto paziente oncologica, non vaccinata ed esentata dal siero e pure ultracinquantenne.
E invece sono qui: più vispa che mai, con le energie decuplicate.

Il mio è stato, mi vien da dire, un fast-covid.
Un solo giorno di febbre a 38, che ho accolto come sana reazione del mio sistema immunitario all’attacco del virus.
Niente medicinali allopatici, ma solo rimedi naturali e vitamine – alcuni già li prendevo per prevenzione, altri me li ha indicati ad hoc il mio antroposofo storico.

E che non mi si dica anche questa volta che il mio è stato un miracolo, come mi son già sentita dire rispetto al cancro, perché stavolta mi arrabbio davvero!
Non si chiama miracolo, ma autodeterminazione.

Proviamo, allora, a ragionare sui dati di fatto: mangio bene e sano, non mi imbottisco di medicine allopatiche ma, soprattutto, non sono caduta nel trappolone della paura che cercano di incuterci da due anni in qua e che ha abbassato le difese immunitarie di molte persone.

Ho anche toccato con mano il fatto che nessuno, né il medico di base né la asl che ti manda mail di default dopo l’esito positivo del tampone, mostra alcun interesse rispetto alla nostra salute. Né medico né asl mi hanno mai chiamata per sapere come stessi, se e come mi stessi curando, ecc.
Va benissimo così per una come me che sa autogestirsi – anzi: meglio! – ma ho pensato tanto alle persone sole, magari senza strumenti culturali, magari anziane e/o fiduciose in una medicina che si è sviluppata studiando i corpi morti e non quelli viventi e che ha mandato sul rogo le streghe per liberarsi di pericolose concorrenti.

Ci tartassano di dati sui contagi e sui morti (di covid, ovviamente, le altre morti non contano nulla), rispolverano il dizionario patriarcale del peggior colonizzatore per dare del selvaggio – da civilizzare! – e credulone – da ricondurre alla ‘giusta’ e unica fede! – a chi assume vitamine e medicine naturali e rifiuta il loro ‘magico siero della felicità’ e nel frattempo continuano a far crepare di ‘vigile attesa’ o di abbandono totale.
Tanto poi la colpa la riversano sulla categoria lombrosiana dei no-vax, creata per rinforzare la loro narrazione, dissimulare le loro gravi responsabilità e propinare ad oltranza inutili (ormai lo ammettono anche loro: la nave sta affondando!) sieri transgenici.
Esibiscono come trofei i morti non vaccinati e i ‘no vax’ pentiti, mentre occultano i dati sui morti di vaccino o di malasanità.

Se, quindi, prima di prendere il covid ero profondamente scettica e diffidente rispetto alla narrazione unica di politici e virologi superstar, oggi mi sento di dire apertamente che quella narrazione è davvero frutto di una logica criminale!

Ma siccome non intendo farmi avvelenare da questa gentaglia e dal loro infame sistema di premi e punizioni, voglio riportare altri aspetti positivi della mia esperienza.
Prima di tutto l’importanza del continuo contatto con compagne/i per scambiarci consigli sui protocolli naturali che ciascuna/o aveva adottato e su come riuscire a non spendere troppo per procurarsi quei medicamenti, scambiarci anche consigli sull’alimentazione e al contempo stare vicino a chi si si stava facendo il covid in solitudine e tenerlo/a monitorato/a. Una capacità di autogestione collettiva e di solidarietà – quella vera, non quella che ora dall’alto millantano per cancellare ogni possibilità di scelta individuale – che mi ha scaldato il cuore. Sembrava di esser tornata negli anni ’70!

Insomma, devo dirlo fuori dai denti: per me il covid è stata una bella esperienza!
La febbre mi ha anche aiutata ad espellere le tossine accumulate con la rabbia di questi due anni di pandelirio – non per caso alla febbre è seguito un orzaiolo che se n’è andato dopo tre giorni, liberandomi anche da tutte le schifezze che i miei occhi hanno dovuto vedere e leggere per mesi…

Sia chiaro: se per me è stata una passeggiata, sono anche consapevole che c’è chi sta male, a volte anche tanto male. Ma occorre chiedersi perché questo succeda, se ne vogliamo davvero uscire.

Per questo, lo ripeto, non mi si dica di nuovo che il mio è un miracolo.
Ho dovuto lottare duramente perché mi fosse riconosciuta l’esenzione dal vaccino da parte di medici sconosciuti che, negli hub vaccinali, pretendevano di farmi l’anamnesi per stabilire se io potessi o meno esser vaccinata, malgrado presentassi un esplicito certificato da parte di chi da anni mi accompagna nel percorso di guarigione.
Ho dovuto lottare perché nessuno provasse anche solo lontanamente a toccare il mio sistema immunitario.
Ho dovuto lottare per difendere la mia salute dagli interessi economici del capitale.
Ho dovuto lottare perché uno stato implicato fino al midollo – con tanti altri – nella ricerca bellica sulle armi biologiche, non mi facesse cavia fra le sue cavie.
Ho dovuto lottare e mi sono avvelenata di rabbia, ma non sono retrocessa di un passo.

“Ah, ma che dire dei soggetti fragili? Li dobbiamo lasciar morire?”, chiederà qualche anima bella…
Proprio ieri raccontavo per email la mia esperienza di covid ad alcuni medici antroposofici e stamattina uno di loro mi ha risposto segnalandomi un articolo (in fase, credo, di peer reviewing; qui l’abstract) sull’esperienza col covid di un gruppo di pazienti oncologici che seguono la mia stessa terapia col vischio.

È lampante che non si tratti di miracolo!
L’unico miracolo sarebbe se finalmente queste terapie non convenzionali diventassero alla portata di tutti, venendo riconosciute da un sistema sanitario più attento agli interessi delle multinazionali farmaceutiche che non a quelli dei/delle pazienti – per altro i costi di tale terapie son pure molto più contenuti di quelle allopatiche.
Ma qui abbiamo avuto la signora Lorenzin e ora abbiamo il signor Speranza: c’è poco da sperare!

Non resta che continuare a lottare e ad autodeterminarci se vogliamo davvero vivere e non limitarci a sopravvivere per miracolo… Soprattutto con la consapevolezza che la prossima emergenza – già pronta e confezionata – sarà l’emergenza ambientale, che il capitale ha generato depredando e devastando per secoli il pianeta ma che farà pagare a chi questo pianeta lo abita con rispetto ed empatia.

È andato tutto bene… ai signori della guerra!

Nel periodo natailzio, si sa, è d’uso giocare a tombola e come potevano sottrarsi a questa italica tradizione i ‘nostri’ governanti? E allora… vai coi numeri pescati a caso e scientemente affibbiati a questo e a quella, rivedendo le quarantene in base all’ormai consolidato sistema premi/punizioni! Più sei stato/a obbediente, più sei libero/a di contagiare. WOW!

O forse c’è ancora qualche anima ingenua che continua a credere alla favoletta dell’immunità vaccinale malgrado i dati sulla contagiosità dei bi-tri-quadri-vaccinati? D’altra parte questi stessi dati scompaiono nel fetido magma della datolatria ormai dominante, con buona pace perfino del dubbio metodico cartesiano.

Frugando nella mia memoria politica alla ricerca di qualcosa di equivalente all’attuale non volontà dei polloi di vedere l’ovvio, di esempi ne ho trovati a iosa (e chiunque, d’altra parte, se dotato/a di senno ne troverebbe). Ma più di tutti mi è parso calzante quello risalente all’epoca del movimento contro la guerra, quando era praticamente impossibile cercare di ragionare con i polloi di allora – succubi del discorso guerrafondaio dominante – sulla pericolosità della corsa ad armarsi e riarmarsi con strumenti e tecnologie sempre più sofisticati. In quella corsa sfrenata i polloi vedevano sicurezza: «Più ci armiamo fino ai denti, più faremo paura al nemico e, quindi, saranno le armi a garantirci la pace», ripetevano come un mantra.

Non mi soffermo sugli esiti catastrofici di questo s/ragionamento: sono lì da vedere. Ciò che mi interessa rammentare è la presa che tale s/ragionamento ebbe su tante – troppe – menti. Nei decenni successivi la ricerca bellica si è sempre più affinata, anche grazie ai fiumi di denaro che vi vengono investiti, e la menzogna – tanto in voga all’epoca – del confine tra uso civile e uso militare della ricerca non è mai stata del tutto smascherata.

Le nanotecnologie, tanto ammirate, ne sono un esempio lampante. Ma non è di questo che voglio, ora, scrivere, né di transumanesimo. Voglio invece lasciare la parola a chi, muovendosi sull’effimero quanto mistificato confine civile/militare, in una intervista di alcuni giorni fa ha detto chiaramente come stanno le cose e quale orizzonte si vada profilando. E lo faccio perché spero che almeno quelli/e che quarant’anni fa volevano fare – o dicevano di voler fare – “guerra alla guerra” anziché considerare nemico chi non si è vaccinato/a ritrovino una briciola di senno e si oppongano a chi tiene militarmente in pugno le nostre vite col pretesto della ‘sicurezza’ mentre continua allegramente a devastare micorcosmo e macrocosmo.

AGGIORNAMENTO: il 24 gennaio è stata mandata in streaming la seconda parte dell’intervista a J. Tritto. Potete visualizzarla qui.